Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha adottato la direttiva per l’attuazione dei controlli nelle “aree a contenimento rafforzato”.
La direttiva n. 14606 fa seguito al DPCM 8 marzo 2020, che ha istituito una zona più allargata rispetto alla zona rossa del precedente DPCM, che comprende ora la regione Lombardia e le province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia.
Cosa dice il DPCM 8 marzo
L’art. 1, comma 1, elttera a) del DPCM 8 marzo, nei suddetti ambiti territoriali, prescrive di evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori in questione, nonché all’interno dei medesimi, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, ovvero spostamenti per motivi di salute.
Considerata l’ampia estensione geografica delle aree interessate, nonché l’elevato numero dei potenziali destinatari dell’applicazione delle misure in questione, la previsione normativa in esame non contempla l’adozione di procedure di autorizzazione preventiva agli spostamenti.
Serve una motivazione valida per gli spostamenti
Saranno pertanto disposte specifiche modalità di vigilanza sull’osservanza delle prescrizioni, anche ai fini della verifica della rispondenza delle motivazioni addotte dagli interessati ai presupposti indicati dal DPCM.
In proposito, si legge nella direttiva, che rileveranno “elementi documentali comprovanti l’effettiva sussistenza di esigenze lavorative, anche non indifferibili, a condizione naturalmente che l’attività lavorativa o professionale dell’interessato non rientri tra quelle sospese ai sensi delle vigenti disposizioni contenute nei diversi provvedimenti emanati per far fronte alla diffusione del COVID-19 (come, ad esempio, i servizi educativi per l’infanzia
e le attività didattiche di cui all’art. 1, comma 1 lett. h) del d.P.C.M.), ovvero di situazioni di necessità che, in sostanza, devono essere identificate in quelle ipotesi in cui lo spostamento è preordinato allo svolgimento di un’attività indispensabile per tutelare
un diritto primario non altrimenti efficacemente tutelabile; o motivi di salute che si
devono identificare in quei casi in cui l’interessato deve spostarsi per sottoporsi a terapie
o cure mediche non effettuabili nel comune di residenza o di domicilio.
“Nell’attività di controllo – continua la diretiva – dovrà essere posta particolare attenzione al fine di garantire lo svolgimento dei servizi pubblici essenziali, fatto salvo quanto previsto relativamente all’istruzione, attività già sospesa dal d.P.C.M. in oggetto“.
Viene, comunque, fatto salvo il diritto al rientro nel territorio del comune di residenza, di domicilio o di dimora degli interessati.
Il modulo di autodichiarazione
L’onere di dimostrare la sussistenza delle situazioni che consentono la possibilità di
spostamento incombe sull’interessato. A tal fine, tale onere potrà essere assolto producendo un’autodichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 4 7 del D.P .R. 28 dicembre 2000, n. 445 (SCARICA IL MODULO), che potrà essere resa anche seduta stante attraverso la compilazione dei moduli appositamente predisposti in dotazione agli operatori delle Forze di polizia e della Forza pubblica. La veridicità delle autodichiarazioni potrà essere verificata ex post.
Le sanzioni
La sanzione per chi viola le limitazioni agli spostamenti è quella indicata dal dpcm 8 marzo 2020 (articolo 650 del codice penale: inosservanza di un provvedimento di un’autorità), salvo che non si possa configurare un’ipotesi più grave. A questo proposito, al fine di fornire al pubblico un’informazione non solo corretta ma quanto più esaustiva possibile, il personale operante provvederà anche a informare gli interessati sulle più gravi conseguenze sul piano penale di un comportamento, anche solo colposo, non conforme alle previsioni del dpcm che possono portare a configurare ipotesi di reato.
Alcune considerazioni finali
Letto il testo della direttiva, sorge una domanda: se l’effettiva sussistenza di esigenze lavorative, anche non indifferibili, deve essere dimostrata dall’interessato, salvo che l’attività lavorativa dello stesso non rientri tra quelle sospese, come appunto i servizi educativi per l’infanzia e le attività didattiche, sarà ammessa la circolazione del personale della scuola?
Ci auguriamo che le istituzioni chiariscano al più presto.