Un nuovo anno scolastico è iniziato. Tra poco più di tre mesi si concluderà quello solare. Ma dei corsi di abilitazione non si continuano ad avere notizie. Con l’ultimo corso abilitante risalente ormai al 2013.
Ci ritroviamo ancora a chiederci che fanno abbiano fatto i corsi abilitanti su disciplina rivolti ai precari storici con almeno tre annualità di supplenze o ai docenti già di ruolo. Per questi ultimi, tra l’altro, si tratterebbe di procedere ad una disposizione prevista anche dalla Buona Scuola del governo Renzi e portata avanti, quasi due anni dopo, con il comma 3 dell’articolo 4 del decreto legislativo 59/2017.
Ad attendere con una certa ansia i corsi abilitanti sono alcune decine di migliaia di supplenti non ancora abilitati o specializzati: il titolo, per loro, si tradurrebbe in un’opportunità rilevante, perchè permetterebbe loro di fare un bel passo in avanti verso l’immissione in ruolo. In grande quantità, non a caso, avevano presentato domanda in occasione delle procedure avviate nel 2020. Poi, però, quel modello abilitante si è arenato. Fino allo scorso 21 aprile, quando è stato pubblicato il bando.
Nel frattempo, molti giovani si sono laureati e tanti docenti già di ruolo hanno sviluppato un interesse per il corso abilitante.
A sbloccare la situazione sembrava dovesse subentrare un emendamento al decreto Sostegni bis, prevedeva che l’accesso ai percorsi abilitanti devesse vedere la luce entro il prossimo 15 dicembre, così da renderlo spendibile utilizzare per la mobilità e le immissioni in ruolo del 2022. Quell’emendamento, però, non è stato approvato.
Adesso, qualcuno in Parlamento ci riprova. Il senatore Mario Pittoni, responsabile del Dipartimento Istruzione della Lega e vicepresidente commissione Cultura, ha fatto sapere che “dopo otto anni d’attesa, le centinaia di migliaia di docenti confinati nella seconda fascia delle graduatorie provinciali per le supplenze hanno tutto il diritto a percorsi formativi abilitanti (PAS) strutturali, come peraltro previsto dalla normativa europea”.
“Attendere l’espletamento dei concorsi rischia di mettere definitivamente fuori gioco i cosiddetti precari storici“, ha detto il leghista riferendosi alle tante aspettative che hanno al ministero dell’Istruzione per le procedure classiche con portano all’immissione in ruolo solo previo espletamento del concorso pubblico, ordinario o straordinario (benché più veloce) che sia.
“Abbiamo elaborato un dispositivo ora all’attenzione del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi – continua Pittoni – che, risolvendo il problema della carenza (solo italiana) di corsi abilitanti per gli insegnanti, alleggerirebbe l’amministrazione dall’ingolfamento conseguente a troppe procedure concorsuali in lista d’attesa”.
“I Pas – precisa il rappresentante del Carroccio -, superando la concezione nozionistica della valutazione mediante sole prove d’esame, assicurano una più approfondita selezione ex ante in considerazione dell’esperienza professionale, in itinere con diversi esami universitari ed ex post con l’esame conclusivo”.
Partecipare e superare i Pas, sottolinea Pittoni, non è poi così scontato. “Non a caso nel triennio accademico 2013/2016 quasi 3 aspiranti su 10 non furono ammessi all’esame finale per non aver superato singoli esami del piano di studio”.
La formazione per l’insegnamento viene erogata dalle università pubbliche mediante corsi preordinati all’acquisizione di CFU (crediti formativi universitari) nei seguenti SSD (settori scientifico-disciplinari): didattica generale e speciale, pedagogia generale e speciale rivolta ai bisogni educativi speciali, pedagogia sperimentale, didattica disciplinare, laboratori pedagogico-didattici, tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la didattica.
“A conclusione degli esami di profitto si accede a un ulteriore esame di competenza ministeriale abilitante all’insegnamento”, conclude il leghista. Fatto sta che, benché selettivi, ad oggi sui percorsi abilitanti non si hanno certezze: si continua ad attendere, senza avere alcuna garanzia sull’effettivo avvio.
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