Come era facilmente prevedibile la nota ministeriale sui corsi di recupero ha scatenato le proteste delle organizzazioni sindacali.
Il commento più duro arriva dallo Snals di Elvira Serafini che chiede l’immediato ritiro della circolare e afferma: “L’attività di recupero non può essere prevista senza un riconoscimento economico aggiuntivo per il semplice motivo che nel CCNL vigente non vi è alcun riferimento a tale obbligo. L’attività di recupero non può mai essere confusa con quella ordinaria di insegnamento che prende avvio con l’inizio delle lezioni. Al di là delle questioni interpretative esiste al momento l’obbligo contrattuale di remunerare tutte le attività aggiuntive di insegnamento, deliberate nei contenuti, nei metodi e nei tempi dal collegio dei docenti”.
Pino Turi, segretario nazionale di UilScuola, sottolinea invece che organizzare i corsi di recupero è un lavoro che presuppone un progetto che le scuole elaborano nelle prime settimane di lavoro prima che inizino le lezioni.
Ma il sindacato di Pino Turi parla anche di “forzatura amministrativa” e di “atto unilaterale che aggiunge confusione a confusione” e conclude: “Ci riserviamo di adire il giudice, ma lo faremo dopo la partenza dell’anno scolastico, la legge ci da 60 giorni di tempo per farlo, in via amministrativa, e senza limiti al giudice ordinario, per consentire la riapertura delle scuole in presenza e in sicurezza”.
Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda, sottolinea che, in base alla normativa vigente, ultima la riforma Madia, l’orario di lavoro rientra nelle competenze del CCNL e definisce la nota del Mi “un intervento a gamba tesa, una netta invasione di campo in un ambito che è riservato al contratto”.
E aggiunge: “La nota emanata dal Ministero dell’Istruzione provocherà contenzioso nelle scuole e anche noi ci riserviamo di intraprendere le iniziative legali necessarie per ripristinare un sacrosanto diritto sancito dal CCNL”.
La Flc-Cgil di Francesco Sinopoli sostiene che la nota ministeriale “fornisce alle scuole una discutibile interpretazione secondo la quale tali attività sarebbero da collocarsi nell’alveo degli adempimenti contrattuali ordinari correlati alla professione docente e non automaticamente assimilabili ad attività aggiuntive da retribuire con il salario accessorio”.
“La nota – aggiunge il sindacato – si lancia in una impropria distinzione fra attività che possono e non possono essere retribuite, non sulla base della natura delle stesse ma sulla base del periodo in cui tali attività vengono svolte (non retribuite se svolte dal 1° settembre all’inizio delle lezioni, retribuite se svolte successivamente). Si tratta di una distinzione arbitraria, che non si trova nelle norme esistenti, non si trova nel Contratto e non la si trova neppure, checché ne dica il Ministero, del citato D.L. 22/2020”.
Molto pragmaticamente la Cisl Scuola ritiene invece che il tema possa e debba essere affrontato ad un tavolo contrattuale e scrive: “La convocazione dei sindacati al Ministero, per lunedì 31 agosto, per l’avvio della trattativa per il CCNI sul MOF 2020/2021, che ci auguriamo di sottoscrivere al più presto, offre l’opportunità di definire rapidamente un quadro certo di riferimento che consenta alle scuole di conoscere quanto prima l’entità delle risorse disponibili e di avviare da subito la contrattazione di istituto, nella quale definire le modalità di riconoscimento dei maggiori impegni connessi a tutte le necessarie attività per la realizzazione del Piano dell’offerta formativa, ivi comprese tutte quelle riconducibili al PIA e al PAI”.
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