I docenti specializzati nel sostegno che hanno completato la loro formazione in Europa hanno seguito percorsi universitari regolamentati e strutturati, del tutto analoghi ai TFA sostegno italiani.
Questi corsi, organizzati da università europee statali autorizzate, prevedono 60 CFU, comprensivi di attività laboratoriali, insegnamenti disciplinari, tirocinio diretto e indiretto, e si concludono con una prova finale. Anche in Europa, la durata complessiva è di 1510 ore, inclusi 300 ore di tirocinio, un elaborato finale e, dopo un tirocinio in presenza nel paese europeo, una discussione formale, il che rende evidente la piena congruenza tra i titoli italiani ed europei.
A ciò si aggiunge che, in virtù della Direttiva 2005/36/CE, recepita in Italia con il D.lgs. 206/2007, e delle sentenze del Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria (nn. 18, 19, 20, 21 e 22 del 28-29 dicembre 2022), il riconoscimento di tali titoli è obbligatorio quando le competenze professionali complessive sono equivalenti. Il principio di equivalenza, non di identità assoluta, richiede che eventuali discrepanze siano colmate con misure compensative, come previsto dalla stessa Direttiva e ribadito recentemente dal TAR Lazio (sentenze n. 20976/2024 e n. 20959/2024).
Tanto premesso e doverosamente ribadito, non è più tempo di divisioni interne nella categoria dei docenti, né di alimentare conflitti tra colleghi specializzati in Italia ed Europa. Accusare i docenti formati all’estero di aver “comprato” titoli è non solo offensivo, ma anche privo di fondamento: i corsi TFA italiani, come quelli europei, prevedono un costo d’iscrizione, e i percorsi seguiti all’estero presso università statali rispettano pienamente le normative internazionali ed europee.
È scorretto e ingiusto denigrare i corsi organizzati dall’INDIRE, nati come risposta strutturale e normativa per sanare anni di disfunzioni nel riconoscimento dei titoli esteri. Questi corsi, al pari dei PAS (Percorsi Abilitanti Speciali), sono rivolti a figure che hanno già maturato un’esperienza sul campo e/o che hanno già conseguito un titolo di specializzazione al quale, peraltro, si chiede di rinunciare. Ridurne la durata e i costi è una scelta ponderata e giusta, pensata per rispondere alle esigenze di una categoria che ha lavorato per anni con contratti precari e senza stabilità e/o che ha già ecipato a corsi di specializzazione sul sostegno all’estero.
Attaccare i corsi dell’INDIRE senza conoscerne le caratteristiche è una manovra fuorviante, che finisce per difendere interessi particolari. Invece, è essenziale evidenziare che tali percorsi hanno una sperimentazione limitata al 2025 e sono una risposta concreta a un problema che affligge il nostro sistema educativo da anni: l’assenza di stabilità per gli studenti e per i docenti, aggravata dalla cronica carenza di insegnanti di sostegno qualificati. Non si può ignorare che, mentre si punta il dito contro i corsi INDIRE, accusandoli di “regalare” specializzazioni, si dimentica facilmente la
realtà drammatica: in molte regioni, i posti riservati ai docenti specializzati sono coperti da personale non qualificato, privando gli studenti con disabilità di un diritto fondamentale. Le critiche mosse contro i docenti specializzati in Europa non risolvono il problema principale, ossia la mancanza di docenti formati che colpisce soprattutto le aree più svantaggiate. Lo Stato è chiamato a intervenire con soluzioni strutturali, come i corsi INDIRE, per garantire diritti essenziali agli studenti con difficoltà, anche se ciò può non soddisfare tutti. Attaccare i colleghi specializzati in Europa con illazioni e offese non solo è ingiusto, ma rischia di screditare l’intera categoria agli occhi della comunità educativa e dell’Unione Europea.
Le recenti sentenze del TAR Lazio e del Consiglio di Stato ribadiscono principi fondamentali:
Per tutte le esposte ragioni bene ha fatto il Governo Meloni e il Parlamento a istituire i corsi organizzati dall’INDIRE mediante il DL 71/2024 conv. in legge 106/2024, riconoscendo lanecessità di una soluzione equa e strutturata. Il nostro obiettivo deve essere la costruzione di un sistema educativo inclusivo e meritocratico, che valorizzi l’esperienza e le competenze, eliminandoogni faziosità. La piena equiparabilità dei percorsi italiani ed europei non è solo una questione di giustizia per i docenti, ma un’esigenza per garantire continuità e qualità all’istruzione degli studenti con disabilità.
Il nostro impegno continuerà a essere indirizzato verso il riconoscimento di questi diritti, in linea con la normativa e la giurisprudenza italiana ed europea.
Comitato Scuola DPSE
Docenti Precari Specializzati in Europa
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