Perché una regione vasta come l’Emilia Romagna per permettere la specializzazione sul sostegno dei suoi docenti attiva un bando su due sole università per appena 350 posti complessivi? A chiederlo, polemicamente, anche per altre regioni italiane, è Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl Scuola, nel giorno della pubblicazione del decreto ministeriale di distribuzione agli atenei dei 14.224 posti per l’accesso ai corsi specializzanti dell’anno accademico 2018/2019.
La sindacalista riporta le lamentele di tanti insegnanti, che si lamentano per il basso numero di posti che le università hanno messo a loro disposizione: in questi casi, infatti, le possibilità di accesso, considerando anche che per la prima volta potranno accedere anche i non abilitati (basta la laurea con 24 Cfu oppure l’aver svolto tre annualità di supplenze nelle ultime otto), saranno considerevolmente più ridotte che altrove.
Il motivo della scarsità di posti in determinate aree dell’Italia non è voluto, ma molto probabilmente è solo una conseguenza del fatto che molte università che non si sono rese disponibili ad attivare i corsi di specializzazione.
“Sono anni – spiega Gissi – che alcune università non mettono a disposizione un congruo numero di posti per la partecipazione ai corsi di sostegno: così si depaupera il territorio”.
I numeri in effetti parlano chiaro: in Friuli Venezia Giulia i candidati dovranno dividersi appena 230 posti. In Umbria 220. Male è andata anche la Liguria, con soli 260. Peggio di tutti stanno però in Trentino, dove si contano la miseria di 110 disponibilità.
Poi c’è il Piemonte, che assieme alla Basilicata (dove però gli aspiranti sono molti meno) potrà far partire i corsi per non più di 200 docenti. Non esultano nemmeno in Sardegna, dove risultano 390 posti su due università autorizzate.
“Questa è la prova di come l’autonomia è in realtà vittima dell’economia e questa non guarda agli interessi dalla scuola. L’offerta formativa per la scuola non interessa gli atenei: perchè fare tanta resistenza all’insegnamento? È una vergogna”.
In Lombardia le cose sembrano andare meglio, con 1.030 posti messi a bando, “spalmati” su tre atenei (Bergamo, Bicocca e Sacro Cuore): in realtà, sono pochi anche lì.
“Come può un territorio – chiede sempre la Gissi – mettere a disposizione mille posti e aver bisogno di sostegno per 20 mila unità?”.
Nell’anno scolastico in corso i posti che lo Stato è riuscito a coprire per il sostegno sono stati 13 mila, solo il 13% delle richieste di insegnanti di sostegno in Italia.
Solo per fare degli esempi, la gran parte degli insegnanti di sostegno lo fa senza il titolo adeguato: è così per il 94% dei docenti in Piemonte, per l’87% nel Veneto e per l’87% in Lombardia.
Quelli messi a bando, comunque, sono i primi 14 mila posti: nel prossimo biennio, seguiranno, altre due tranche, per complessivi 40 mila nuovi specializzati nell’insegnamento agli alunni disabili.
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