Il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato, nella giornata del 21 febbraio, il decreto di autorizzazione alle Università per l’attivazione dei corsi di specializzazione sul sostegno, compresa la ripartizione dei contingenti per singoli atenei.
Complessivamente saranno disponibili 14.224 posti in tutto il territorio nazionale.
Abbiamo già riportato la distribuzione di questi posti regione per regione, ed abbiamo già constatato le differenze rispetto all’ultimo ciclo di TFA sostegno.
A prima vista la prima macroscopica differenza rispetto al 2016 è il numero di posti, che è passato da 9.649 a 14.224. Un aumento certamente positivo, perché a febbraio 2020, data entro il quale questi corsi dovranno concludersi, avremo sicuramente 14.224 specializzati per il sostegno.
Tuttavia, scorgendo i numeri relativi alla distribuzione regionale, ci si accorge di un dato rilevante: il numero maggiore di corsi di specializzazione saranno attivati dalle Università del Centro e del Sud, mentre al Nord ne saranno attivati in numero inferiore. Quale sarebbe il problema?
La problematica nasce dal fatto che è risaputo come da anni sono proprio le regioni del Nord ad avere bisogno di docenti specializzati sul sostegno.
Lo sa anche Ernesto Ciraci, presidente del MiSoS, associazione insegnanti specializzati sul sostegno: “Gli alunni con disabilità del nord Italia vengono nuovamente dimenticati mettendo in luce, in particolare, l’incongruenza tra il numero dei posti destinati dalle diverse Università italiane ai nuovi docenti specializzandi del corso di specializzazione 2019 e l’effettivo fabbisogno regione per regione” – tuona Ciraci. E prosegue: “È risaputo come la richiesta di docenti sia maggiore al Nord che al Sud; in regioni come l’Emilia Romagna e il Piemonte, la disponibilità di personale è inversamente proporzionale al fabbisogno, e le segreterie scolastiche fanno fatica a reclutare docenti specializzati sul sostegno.
Il presidente del MiSoS fa notare infatti che “nelle province del Nord sono oltre 10.000 le cattedre di sostegno di diritto, senza contare le cattedre in deroga, che vengono assegnate a docenti non qualificati, spesso neolaureati e senza esperienza alcuna. Pertanto di fronte a una situazione di questo tipo, ci si domanda con quali criteri sia stato distribuito, a livello nazionale, il numero dei posti destinati alle nuove specializzazioni”.
La denuncia di Ernesto Ciraci mette in evidenza come anche stavolta, dopo l’ultimo ciclo di TFA, il Ministero sembra avere ignorato la distribuzione dei posti ragionata in base al reale fabbisogno. Esattamente come lo scorso TFA sostegno, in cui le quote maggiori erano state assegnate alle regioni del Sud, con il Nord in continua emergenza sostegno.
Del totale dei 14.224 posti a bando, fa notare il MiSoS, solo il 23% dei posti sono destinati al Nord italia. I casi emblematici? L’Emilia Romagna quest’anno avrà 330 posti a fronte dei 3.395 cattedre in deroga; 200 posti saranno banditi per il Piemonte, peccato però che nella regione ci sono 5413 cattedre in deroga sul sostegno.
Se infatti si confrontano questi numeri con le quote destinate alle Università del Centro e del Sud, ci si rende conto in maniera assai evidente delle discrepanze. Nelle Marche, ad esempio, saranno disponibili 1360 posti, nel Lazio 1870, per non parlare del Molise, che avrà attivati 370 posti, più di quelli di una regione geograficamente estesa come l’Emilia Romagna o il Piemonte;
Infine, le regioni meridionali avranno attivati 6558 posti, pari al 48% del totale dei posti banditi dove ci sono allo stato attuale migliaia di precari specializzati che aspettano da anni la loro stabilizzazione.
“Gli alunni dell’Italia settentrionale sono stati penalizzati due volte nell’arco di questo anno scolastico, conclude Ciraci, in primis con le assegnazioni provvisorie ai non titolati sul sostegno, che ha causato un grave danno sulla continuità didattica e la qualità dell’insegnamento, e adesso con dei numeri irrisori destinati alla formazione di nuovi insegnanti di sostegno con i quali non si fa fronte all’enorme fabbisogno nelle regioni del nord Italia”.
La storia quindi si ripete, e anzi, se è possibile, il quadro è peggiorato: infatti tra le Università del Nord che fanno parte delle new entry c’è solo Padova con 500 posti, con gli altri ingressi di Università Mediterranea di Reggio Calabria 200 posti, Università di Tor Vergata a Roma 150 posti, Tuscia 130 posti e Cassino 600 posti.
Dov’è sono aumentate le quote? Le università di Macerata e Calabria: 600 posti in più per l’ateneo marchigiano, 700 in più per quello calabrese.
E dove sono diminuiti ancora i posti disponibili dove attivare i corsi? Bergamo -170, Milano Bicocca -80, Udine – 41. Tutti atenei del Nord Italia.
Le domande sorgono spontanee: perché sono stati attivati questi corsi seguendo questa distribuzione geografica “al contrario”?
Come faranno le scuole del Nord a recuperare facilmente gli insegnanti di sostegno?
Come faranno gli specializzati del centro sud ad iniziare a lavorare partendo dalle graduatorie, se queste sono ancora piene di precari da stabilizzare?
Per quanto riguarda la prima domanda, possiamo riportare la risposta che si è data Lena Gissi, segretario generale della Cisl Scuola: “Sono anni – spiega Gissi – che alcune università non mettono a disposizione un congruo numero di posti per la partecipazione ai corsi di sostegno: così si depaupera il territorio”.
Pertanto il motivo della scarsità di posti in determinate aree dell’Italia non sarebbe voluto, ma molto probabilmente è solo una conseguenza del fatto che molte università che non si sono rese disponibili ad attivare i corsi di specializzazione.
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