I tagli alle retribuzioni dei magistrati e dei dirigenti pubblici sono contrari alla Costituzione perché violano il principio di eguaglianza. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, bocciando con la sentenza 223/2012 alcune norme contenute nella manovra correttiva varata dal governo Berlusconi con il decreto-legge del 31 maggio 2010 n. 78: norme intitolate “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”.
In particolare, la Corte ha stabilito l’illegittimità del decreto nella parte in cui dispone che ai magistrati non vengano erogati gli acconti 2011, 2012 e 2013 e il conguaglio del triennio 2010-2012 e nella parte in cui dispone tagli all’indennità speciale negli anni 2011 (15%), 2012 (25%) e 2013 (32%).
No ai tagli previsti dal decreto legge sulla manovra economica 2011-2012 anche per i dipendenti pubblici con stipendi superiori ai 90 mila euro lordi (-5% per la parte eccedente questo importo) e 150 mila euro (-10%).
A giudizio della Consulta le disposizioni governative si pongono “in evidente contrasto” con gli articoli 3 (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge…”) e 53 (“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva….”) della Carta fondamentale
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