Importante sentenza della Corte di Giustizia europea sul trattamento dello stipendio del personale precario statale: secondo i giudici comunitari tutti gli scatti di anzianità riservati al personale in ruolo andrebbero assegnanti anche al personale a tempo determinato, adottando esattamente gli stessi parametri.
L’autorevole giudizio – che riguarda il ricorso fatto da un lavoratore spagnolo precario, il quale si è rivolto alla Corte europea dopo essersi visto negare la possibilità della progressione di carriera perché vietata nel suo Paese – verrebbe allargato al folto “popolo” dei lavoratori dello Stato. Naturalmente, quindi, anche al personale della scuola: una estensione importante, poiché il Ministero della Pubblica Istruzione in Italia – con oltre 200.000 docenti e 70.000 Ata non di ruolo – detiene il record di lavoratori precari.
L’autorevole giudizio – che riguarda il ricorso fatto da un lavoratore spagnolo precario, il quale si è rivolto alla Corte europea dopo essersi visto negare la possibilità della progressione di carriera perché vietata nel suo Paese – verrebbe allargato al folto “popolo” dei lavoratori dello Stato. Naturalmente, quindi, anche al personale della scuola: una estensione importante, poiché il Ministero della Pubblica Istruzione in Italia – con oltre 200.000 docenti e 70.000 Ata non di ruolo – detiene il record di lavoratori precari.
Per questo i sindacati della scuola italiana hanno accolto la posizione espressa della Corte europea con soddisfazione ed interesse.
“La situazione è in tutto analoga a quella in cui versano i precari della scuola statale italiana – ha fatto sapere la Gilda degli insegnanti – ai quali è negato il diritto ad accedere agli aumenti retributivi per anzianità previsti, invece, per il personale di ruolo. L’eliminazione delle sperequazioni retributive tra docenti di ruolo e non di ruolo – continua la Gilda – è uno degli obiettivi civili fondamentali da noi sempre perseguiti: una battaglia politica confortata ora anche dalla legislazione e dalla giurisprudenza europea”.
“La situazione è in tutto analoga a quella in cui versano i precari della scuola statale italiana – ha fatto sapere la Gilda degli insegnanti – ai quali è negato il diritto ad accedere agli aumenti retributivi per anzianità previsti, invece, per il personale di ruolo. L’eliminazione delle sperequazioni retributive tra docenti di ruolo e non di ruolo – continua la Gilda – è uno degli obiettivi civili fondamentali da noi sempre perseguiti: una battaglia politica confortata ora anche dalla legislazione e dalla giurisprudenza europea”.
Per i giudici comunitari non risarebbero dubbi: i contratti collettivi non possono però introdurre disparità di trattamento tra lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori a tempo indeterminato. E non possono farlo nemmeno le disposizioni legislative: è quindi del tutto legittima “l’attribuzione, ad un lavoratore a tempo determinato, di scatti di anzianità che – si legge nel testo emesso qualche settimana fa dalla sezione II della Corte di Giustizia delle Comunità Europee – l’ordinamento nazionale riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato”.
Quanto potrà influire la sentenza sul parere dei nostri giudici è difficile dirlo: non passerà sicuramente inosservata ai giudici del Tribunale del lavoro di Roma che da qualche mese stanno esaminando un ricorso avviato da alcuni parlamentari della Rosa nel pugno, poiché in Italia il calcolo dell’anzianità del periodo pre-ruolo è concessa – e sancita nel 2006 da una delle ultime leggi del Governo Berlusconi – solo ai professori di Religione. Il problema, di non poco conto, è però soprattutto di carattere economico: qualora il Tribunale del Lazio accogliesse il ricorso, lo Stato italiano rischierebbe di spendere in un solo colpo addirittura 2 miliardi messo di euro: mediamente nelle tasche degli ex supplenti della scuola andrebbero, infatti, tra i 2.500 e i 15 mila euro.