Sta per terminare l’anno scolastico. E, come sempre, in particolare ai ragazzi di quinta, ripeto il solito e salutare refrain: “Ciao ragazzi, è giusto che dica che il vostro futuro dipende da voi, in prima persona, come libertà che si fa scelta e responsabilità, ma una libertà che richiede impegno, anche sana fatica e sano sudore, perché nessuno vi regalerà mai niente”.
E poi a ricordare il nesso tra hard e soft skills, cioè che conoscenze e competenze specialistiche valgono poco se non sono accompagnate da passione, impegno, disponibilità a fare gioco di squadra, umiltà perché si impara da tutti, ed ad imparare sempre. Con la nota finale sul valore positivo di competizione, cioè confrontarsi con tutti, soprattutto con i più bravi, e non negativo, come invece, purtroppo, continua a dominare nel conservatore e arretrato immaginario soprattutto italiano.
I nostri ragazzi queste cose le capiscono al volo quando vanno all’estero, ma qui da noi, invece, pochi le intuiscono in positivo. Purtroppo.
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Bene, dopo tutto questo c’è sempre qualche ragazzo che chiede: “ma non è in contraddizione quello che ha appena detto, che corrisponde, lo sappiamo, alla vita reale, e che anche i nostri genitori ed amici ci ripetono, con l’idea assistenzialista e negativa del reddito di cittadinanza, quasi a dire che comunque, anche senza studio e fatica, uno stipendio sociale lo avremo tutti?”.
Ovviamente, non rispondo coinvolgendo questioni politiche, ma solo dicendo che una cosa è il destino che uno si sceglie, altra è la solidarietà sociale che non deve mai venire meno. E non vado oltre.
Ora, a chiarire la cosa, finalmente, è l’unico leader che si è affermato punto di riferimento, un leader non politico-partitico, ma religioso, quindi politico con la “P” maiuscola. Parlo di Papa Francesco, davanti agli operai dell’Ilva a Genova.
“L’obiettivo vero da raggiungere – così si è espresso il Papa – non è il reddito per tutti, ma il lavoro per tutti. Senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti”.
Inutili altri commenti. Parole chiarissime, soprattutto “parole vere”.
Parole chiarissime, che richiedono riflessioni a tutto tondo. Mentre, invece, vediamo dominare questioni, come i voucher, che riguardano solo lo 0,1% di chi lavora. Voucher, lo diciamo, che vanno riformati, tagliando, ovviamente, gli abusi, ma vanno rinnovati, non cancellati.
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