Tutti ci stiamo chiedendo cosa è successo in un solo anno, cioè dal senso diffuso di solidarietà della primavera 2020 all’odierna esplosione del senso della paura, delle logiche di sospetto, alla attuale invocazione alla libertà in senso individualistico.
Come se la sensibilità sociale fosse non più una ricchezza, ma un limite, un peso, un ostacolo alla moltiplicazione degli ego.
È successo, semplicemente, che ci siamo scoperti vulnerabili, fragili, perciò disorientati.
Tanto da non fidarci gli uni degli altri, tanto da pensare che persino la ricerca scientifica sia in realtà uno strumento di dominio, con l’emergenza usata dal potere costituito per imporre addirittura una strisciante dittatura sanitaria. Una teoria elaborata da Carl Schmitt, giurista vicino al regime nazista, e riproposta da Giorgio Agamben e Massimo Cacciari.
Se la tecnoscienza ci aveva, posso dire, illusi sulla nostra capacità di previsione e di controllo, questo virus, invece, ci ha costretti ad un brusco risveglio, imbarcati su una nave senza guida, senza timone.
A creare, poi, questo disorientamento c’erano e ci sono i social, i quali hanno dato a tutti l’illusione che tutti potessero sapere e giudicare tutto, dimenticando che il sapere e la competenza non si acquisiscono in un battibaleno, leggiucchiando qua e là, ma dopo studio, ricerca, fatica, passione, sudore.
Per chiudere, anche persone dedite ai temi sanitari si facevano risucchiare, dimenticando, in un attimo, i preamboli epistemologici, facendo intendere che il deficit di cultura scientifica la possiamo ritrovare anche negli stessi curricoli di studio universitari del mondo di oggi.
E tutti a discutere, ma in molti a dimenticare che a fare la differenza non è l’opinione dell’uno o dell’altro, ma resta sempre il virus, l’unico vero responsabile, non sapendo in tanti che sul piano bio-scientifico l’evoluzione è l’unica costante, e che è compito della scienza rincorrere, viste le varianti, questa continua mutazione.
Per cui i vaccini sono una risposta in progress, ma una risposta sacrosanta, necessaria, indispensabile, imprescindibile.
Insomma, con tutto questo bailamme da un lato è ritornata a farsi strada l’idea che sia la paura la fonte prima della nostra convivenza, e, dall’altro, che anche sul piano biologico-sanitario noi siamo, come tutti gli esseri viventi, l’anello debole, fragile, sempre a rischio.
A livello globale, poi, mentre i Paesi più ricchi stanno cercando in tutti i modi, anche col green pass, di porre un argine al virus, i Paesi più poveri in tante realtà sono quasi allo sbando. In Africa, per esempio, solo il 2% si è vaccinato.
In poche parole, non basta vaccinare e vaccinarsi a porte chiuse, vista l’interdipendenza mondiale.
Alla fin fine, cioè, stabilizzandosi nel tempo, nel giro di qualche mese o anno, la situazione, come sempre è avvenuto con le pandemie nella storia, saranno i più deboli a pagare il prezzo umano maggiore, o ci dimostreremo capaci di rispondere allo shock che leggiamo sui social nel segno dell’equità e della sostenibilità sociale e ambientale?
E la democrazia, questo il timore esagerato di Cacciari, saprà sopravvivere al rischio autoritario, trovando un nuovo equilibrio etico e giuridico tra politica ed economia?
In un mondo dove le informazioni sono tutto, le catene di interdipendenza riusciranno a riconoscere, per chiudere, le persone al centro, e non il denaro, le merci, le convenienze del momento?
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