Gentilissimi,
che i ragazzini stiano male a scuola perché la scuola è “vecchia” e non abbastanza digitale è un curioso fraintendimento, che tenta di incanalare paradossalmente in direzione aziendalistica le proteste studentesche di questi giorni contro i Pcto (già “alternanza scuola-lavoro”).
Bambini e adolescenti stanno male a scuola quando a scuola non trovano adulti che si occupino di loro, che li “vedano”, che li considerino abbastanza importanti da parlare con loro faccia a faccia, prendendoli sul serio; che li ascoltino e vogliano insegnare loro qualcosa perché la ritengono importante e di valore e non semplicemente perché devono; che siano capaci di trasmettere passioni culturali e di alimentare la curiosità per la conoscenza.
È l’insegnante-burocrate e l’insegnante-facilitatore e certificatore, la figura cioè che si tenta di imporre da vent’anni nelle scuole, nella sua insensatezza, a far sentire gli studenti soli e non considerati, a far detestare la scuola ai ragazzi.
Dobbiamo allora supportare la protesta degli studenti e lavorare insieme sui veri motivi del disagio che vivono e del loro avvertire la scuola come un corpo estraneo. Purtroppo qualcuno riesce a far passare l’idea che il disagio sia dovuto a una mancanza di non meglio specificata “innovazione”, sempre più priva di corpo e di sostanza. Sarebbe come voler curare l’effetto con la sua stessa causa, cioè con un’ulteriore sottrazione di umanità e cultura, in nome dell’aziendalizzazione spinta e della tecnicizzazione del rapporto educativo.
Gruppo La nostra scuola
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