Le iscrizioni per il prossimo anno scolastico 2017/2018 hanno fatto registrare un trend negativo verso il Liceo Classico con un boom di iscritti al Liceo Scientifico, seguito dai tecnici e dagli istituiti professionali.
Ci viene spontanea la domanda se la cultura classica nel nostro Paese serva ancora oppure no.
Un tempo la formazione classica rappresentava il top e solo dal Liceo Classico si poteva accedere a tutte le facoltà universitarie; poi con il 1968 c’è stata la liberalizzazione dei corsi universitari che ha portato gli studenti ad una scelta libera e consapevole. Maurizio Bettini, in un bellissimo contributo pubblicato, qualche anno fa su “Repubblica” dal titolo “Rimandati in latino. Salviamo la bellezza della cultura classica”, compie una disamina accurata e profonda del de profundis dello studio delle lingue classiche e dello stato comatoso dei licei classici.
Bettini si pone la domanda: “Perché iscriversi al liceo classico?”
La risposta la trova nell’accezione più ampia di ciò che il Liceo classico è stato ed è per molte generazioni: la scuola dove si studia e si tramanda la nostra identità, la nostra storia, l’evoluzione della lingua, in una sola parola, la nostra cultura. Su questa base si ritiene che le civiltà classiche continuino a far parte della nostra enciclopedia culturale e che si instauri un legame di memoria con il mondo classico attraverso un paradigma differente.
In poche parole è necessario cambiare l’approccio all’insegnamento del latino e del greco che non deve essere pedantesco, ma dilettantesco, facendolo apparire non un retaggio di un passato ormai remoto, bensì dandogli quell’aura di freschezza e di contemporaneità. Occorre leggere i classici attualizzandoli nella realtà presente enucleando più che il vocabolo aulico da tradurre e interpretare, il senso culturale del termine classico desunto dal significato antropologico della stessa parola.
Lo studio delle lingue classiche deve essere visto in una sorta di “confronto tra culture” e di “mutamenti culturali” cui la nostra società va quotidianamente incontro. All’alunno, insomma, è più importante fornirgli gli strumenti per capire, leggere e interpretare il mondo classico più che porgergli una versione di Tacito, Cicerone, Seneca, Tito Livio, Tucidide, Giulio Cesare in cui deve cimentarsi in una traduzione letterale delle parole e dei costrutti. Alla traduzione dei classici nella lingua originale deve pensarci l’Università: il Liceo deve forgiare lo studente dandogli solo gli strumenti necessari per muoversi all’interno dell’universo classico.
I numeri sugli iscritti del liceo classico parlano chiaro e denotano un depauperamento della passione per lo studio del latino e del greco da parte dei nostri studenti che considerano lingue morte.
Cosa fare? L’unica strada è quella di “modernizzare” l’insegnamento delle discipline classiche attraverso un innesto di contemporaneità nella cultura dell’antico, ossia rendere attuale il messaggio che i poeti e i prosatori greci e latini volevano trasmettere all’uomo sul loro modo di scrivere, di pensare e di agire. Solo così si può tentare di invertire la rotta e, quindi, riappassionare gli studenti, invitandoli ad iscriversi ad un liceo classico. Il tempo per farlo c’è con un giusto e appropriato orientamento agli studi, occorre solo il modus agendi ed operandi!
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