Categorie: Politica scolastica

Cosa facciamo fare ai precari se li assumiamo? Semplice: Lavorare

Il diritto al lavoro esiste? Sulla carta, sì, esiste. Bello normato, costituzionalizzato. Un tempo per lavorare dovevi essere iscritto al Partito nazionale fascista, avere la tessera per non morire di fame, si diceva. Molti preferivano morire di fame che piegarsi al fascismo, ma non furono la maggioranza degli italiani. No. Oggi, per lavorare devi accettare le condizioni, indecenti, indegne, che la politica del ricatto di pone sul banco della macelleria dei diritti civili e dei lavoratori.

Governo che non è espressione di alcun tipo di processo democratico elettorale, che non ha avuto alcun mandato popolare e democratico per intervenire nel settore della scuola, bene primario comune da salvaguardare anche con le unghie. Unghie affilate. Unghie anche colorate. Ma sempre unghie sono. E le unghie possono anche graffiare. E graffieranno in modo indelebile la decadenza della politica esistente. 

Dicono che la scuola non deve diventare assumificio. Ma chi ha creato un sistema di precarificio permanente? Chi ha creato corsi, corsetti, specializzazioni, dispendiose? Chi ha bloccato i concorsi pubblici? Chi ha creato ad hoc false aspettative? Chi ha fomentato un sistema volto a soddisfare interessi di lobby economiche ed universitarie? Ed ora, dopo aver schiaffeggiato a colpi di lotta e sentenze questo sistema, ecco il ricatto. Non possiamo assumere tutti e tutte. Anzi alcuni proprio non li consideriamo. Penso, ad esempio, agli ATA. Che subiranno circa 2000 tagli di unità nell’anno che verrà, e sono quasi 20 mila se non più i posti necessari da coprire. Ma chi se ne frega degli ATA.

Già.
 
E dunque per assumere i precari, dobbiamo devastare,privatizzare, aziendalizzare, la scuola.
Non è più tempo di scuola pubblica questa.
Questo è il tempo della scuola della competizione, globale, capitalista.
D’altronde mica viviamo in un sistema diversamente capitalista, no?
Vogliono le classi sociali, vogliono le diseguaglianze, vogliono una società che non sappia criticare, che non osi alzare la voce contro l’autorità, unica deputata a fare la Legge.
 
La legge è uguale per tutti.
Mica per tutti, però.
E’ uguale, nelle sue ingiustizie, per i ricattati, per i ricattatori, che non hanno alcuna responsabilità civile, la legge può essere modificata in qualsiasi momento a vantaggio esclusivamente loro.
 
E cosa gli facciamo fare a questi precari se li assumiamo?
Come cosa gli facciamo fare.
Li facciamo lavorare.
180 mila, anche più, dovrebbero essere i posti, con tutte le loro varietà, da coprire nella scuola. Altro che accontentino di 100 mila, 103 mila. Sembra che qui giochiamo al lotto. Uno si chiederà, ma ci sarò anche io? Già, perché dietro ogni numero vi è una storia, una vita, una persona, forse una famiglia, e questo non lo si deve mai dimenticare. Basterebbe ridurre il rapporto studenti/docenti,ad esempio per risolvere ogni cavolata burocratica del non si può. La scuola necessita di sani investimenti, non di elemosine o ricatti. Eppure lo Stato italiano a spendere milioni e milioni e milioni di euro per apparecchi volanti che serviranno a cagionare morte, non arretra mica.
 
Lì non sorgono problemi, etici, morali, non sia mai. La difesa, è difesa, che poi la difesa giochi attaccando, sparando qualche missile, cagionando guerre, che provocano ondate di disperazione e profughi che poi vengono non accolti ma rinchiusi e gestiti come pacchi postali, quando va bene, o fatti morire nell’abisso del mare, quando va male, è una cosa che non si deve raccontare più di tanto.
Il problema è il sistema. Questo sistema è marcio dentro e fuori. Al mio paese si diceva che quando uno ricatta è un gran mascalzone
Marco Barone

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