Utilizzare internet e i profili social per rimanere allineati con le notizie e gli eventi del mondo è un fatto ormai consolidato.
Però, cerchiamo e troviamo solo le notizie che in realtà ci aspettiamo di trovare senza alcuna possibilità di pensiero critico.
Questa sembra essere la sintesi di quanto è emerso dallo studio condotto dalla Scuola IMT Alti Studi di Lucca e dal laboratorio di Computational Social Science guidato da Walter Quattrociocchi.
La ricerca è stata effettuata elaborando i dati presi dal profilo di Facebook di 376 mln di persone .
Quello che appare dall’analisi è che la fruizione delle notizie dai social è strettamente legata alle nostre consuetudini, abitudini ed interessi personali. Per questo motivo ciò che troviamo sono informazioni che nella maggior parte dei casi ci conferma il nostro pensiero , la nostra posizione senza possibilità di confronto e scambio di opinioni riguardo ad un determinato argomento.
“Per la prima volta, attraverso l’analisi di 920 agenzie di stampa e 376 milioni di utenti, abbiamo esplorato l’anatomia del consumo di notizie su Facebook su scala globale – spiega in un comunicato Quattrociocchi.” Questi numeri ci hanno dimostrato che gli utenti tendono a focalizzare la loro attenzione su un numero limitato di pagine, andando a selezionare un gruppo ristretto di media da cui attingere informazioni e rafforzando così le proprie opinioni, senza mai metterle in discussione” spiega il ricercatore.
In poche parole siamo chiusi in una sorta di bolla mediatica dove all’interno viviamo e respiriamo solo le notizie e le opinioni a noi già note e condivise. Alla radice di questo fenomeno , secondo gli autori della ricerca sta la rottura della struttura del sistema informativo.
Non c’è più una fruizione diretta sulle testate giornalistiche, ma sono quest’ultime ad “inseguire” i social con la conseguenza che l’informazione viene influenzata dai processi di massa senza possibilità di distinzione tra le varie tipologie di contenuto. Una sorte di arroccamento globale della linea di informazione.
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Un conferma interessante di questa teoria è data dall’analisi del 2016 sulle parole più ricercate in Italia su internet:
1) pokemon go, il gioco più virale dell’anno
2) andiamo a comandare, la canzone più virale del 2016
3) europei 2016
4) terremoto
5) iphone 7
6) netflix
7) noipa cedolino
8) valeria marini, per il grande fratello
9) whatsapp web
10) alta definizione, a caccia di film gratuiti
Le parole più ricercate sono quelle che hanno fatto tendenza, quelle che conducono agli argomenti di massa.
Sicuramente uno dei fattori legati a questo fenomeno è dovuto al fatto che quando cerchiamo informazioni online sembra dimostrare che prestiamo attenzione solamente a ciò che già conosciamo, snobbando quello che invece è veramente nuovo, perché in fondo abbiamo bisogno di essere rassicurati, di ricevere conferma di quanto già pensiamo sia corretto per noi.
Ma un altro motivo è anche quello che su Internet siamo bombardati da una quantità impressionante di informazioni: navigare liberamente su internet rischia di farci perdere molto tempo prima di avere le informazioni che ci servono. Ci ricordiamo quasi sempre dell’ultimo click , meno delle pagine web viste precedentemente. Per questo motivo i social e anche i motori di ricerca si sono organizzati con dei filtri consentendo una navigazione guidata del cybernauta verso il mondo e gli interessi a lui vicino cosi da fornirgli in pochi click le informazioni che lui desidera ricevere.
Quale la possibile soluzione individuata da Quattrociocchi? “Sviluppare l’abitudine al pensiero critico, partendo dagli studenti per arrivare agli adulti, e rifondare il sistema informativo, in modo che sia il più possibile libero dalla polarizzazione che oggi lo attanaglia”.