Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sciolto le Camere, ma il governo continuerà a lavorare. Il premier manterrà la pienezza dei suoi poteri, come del resto suggerisce una lunga lista di precedenti, iniziata con il VII governo De Gasperi (1953) e proseguita fino al Berlusconi ter (2006).
Tale lavoro prende diverse forme: attività a livello internazionale, negoziati con i partner europei, e (in caso di eventi straordinari) i decreti legge.
La Costituzione prevede che il governo in questa fase svolga esclusivamente la “ordinaria amministrazione” anche se non è più effettivamente così. Tra gli “affari correnti” del presidente del Consiglio in carica ci sono anche i decreti amministrativi di attuazione delle leggi approvate in questo ultimo periodo.
Il decreto legge è uno strumento utilizzabile in caso di straordinarietà, necessità ed urgenza, compresi regolamenti ministeriali e persino nomine, sempre in base a condizioni di necessità e urgenza, con un largo coinvolgimento delle forze politiche delle nuove Camere. Il decreto-legge è deliberato dal Consiglio dei ministri, emanato dal presidente della Repubblica e immediatamente pubblicato in Gazzetta ufficiale. Il giorno stesso della pubblicazione, esso deve essere presentato alle Camere, che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro 5 giorni. La conversione del decreto-legge rientra tra i poteri delle Camere in regime di prorogatio.
Anche a camere sciolte i parlamentari potranno usare con vari strumenti – dalle interrogazioni a risposta scritta alla citazione dei ministri in commissione – continuare a controllare il governo in relazione alla gestione del periodo di transizione e dei limiti istituzionali che continuano ovviamente ad applicarsi.
Insieme alla data delle elezioni, il Quirinale renderà note anche la data di apertura e chiusura della campagna elettorale nonché della convocazione della prima seduta del Parlamento dopo le urne, come previsto dall’articolo 61 della Costituzione: “Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni. Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti”.
Quindi, se verrà confermata la data del 4 marzo la prima seduta del Parlamento sarebbe entro il 24 marzo. Da quel momento si procede all’elezione dei due presidenti, che avvengono al Senato in quattro scrutini al massimo, alla Camera con votazioni ad oltranza fino a che un candidato non ottenga la maggioranza assoluta dei voti.
Nel caso in cui dalle elezioni non esca una maggioranza che consenta di governare, inizieranno i contatti tra le diverse forze politiche e, informalmente, anche con il Colle; una delle prime prove di alleanza tra i partiti è proprio l’elezione dei due presidenti di Camera e Senato.
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