Più della stabilizzazione di 10 mila precari, e quindi la creazione di nuovi posti di lavoro, per molti giornali del 7 marzo scorso la notizia, correlata all’emendamento all’articolo 50 del Dl semplificazioni sugli organici della scuola, era l’aumento del costo degli alcolici, compreso il vino, la birra e gli aperitivi che avrebbero provocato un ulteriore impoverimento degli italiani. La scuola dunque ancora una volta in secondo piano, mentre ormai è chiaro che eventuali incrementi d’organico sono di competenza del Fondo per il merito e la qualità a disposizione del Miur.
Passa allora alla Camera, come dice Francesca Puglisi, “l’idea gelminiana che gli organici delle scuole non vadano calcolati sull’incremento demografico, ma sui risparmi”, e chiede per questo al ministro Profumo di “prendere le distanze dal sottosegretario Polillo e dimostri di avere a cuore la delega che è stata a lui affidata”.
L’ex ministra Gelmini d’altra parte non ha avuto titubanze a dichiarare che quei posti non avevano copertura (non ha parlato di fabbisogno effettivo) e che dunque non si può assumere personale senza soldi: “Non ci sono soldi ed è cosa diversa prendere qualche docente in più in casi di urgenza dallo stabilizzare d’un tratto 10mila precari”. E ha pure aggiunto: “Il Pdl è stato sempre contrario alla stabilizzazione dei 10mila precari.”
Guardandolo con distacco, il suo ragionamento non fa una grinza: senza soldi non si canta massa; ma dal di dentro ci chiediamo: cosa succederebbe se tutti i precari, quelli cioè, come dice lei, chiamati in casi di urgenza non prendessero il posto alla chiamata? Cosa accadrebbe, ripetiamo, se tutti i precari storici e no, chiamati nei posti liberi da decenni e sempre di urgenza, si rifiutassero di accettare l’incarico sia da parte dei dirigenti e sia da parte degli Uffici scolastici provinciali?
E’ vero che la scuola funziona perchè dispone di un organico per lo più stabile, ma è anche altrettanto vero che senza la massa ormai grande dei professori precari, chiamati a migliaia ad occupare annualmente posti assolutamente liberi, la scuola si fermerebbe e soffocherebbe persino nella conduzione degli esami di stato.
Da qui pure una certa perplessità in ordine a questo piccolo terremoto intorno al Decreto semplificazione: per quanti anni ancora potranno tollerare tanti insegnanti precari da decenni nelle GaE questa politica delle nomine solo “in casi di urgenza”, quando l’urgenza si presenta anno per anno? E si può usare il personale come un taxi? Una riflessione sarebbe opportuna, al di là degli scontri politici che hanno movimentato perfino le lotterie e per la prima volta pure i beoni.
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