Un momento storico difficile, il rientro dopo il lockdown, il desiderio di normalità, il bisogno di contatto, l’amicizia, la ricerca di sé, le scelte di vita. Un anno di scuola in 80 minuti.
Questi i temi del docufilm “Cosa verrà”, finanziato al 1° Istituto comprensivo “E. De Amicis” di Floridia, provincia di Siracusa, dal Piano Nazionale Cinema per la Scuola e girato durante l’anno scolastico 2020-2021 dal regista romano Francesco Crispino. Un esperimento che, nell’anno della distanza, ha mantenuto vicini studenti e insegnanti e ha portato a riscoprire il valore profondo dell’ascolto. Il documentario racconta infatti un anno particolare, trascorso in alternanza tra lezioni in presenza e DAD, a causa della pandemia da Covid-19. Sono protagonisti gli alunni di due classi di terza media che vivono il momento di passaggio dall’infanzia all’adolescenza.
Vivono anche con tanta voglia di crescere e di conoscere, ma devono fare i conti con l’incertezza del futuro, in una terra del profondo Sud, in cui si sentono come “fiori che riescono a sbocciare in ambienti ostili”.
In contrasto con l’immaginario collettivo che vede la scuola italiana allo sbando, soprattutto dopo la scuola primaria, oggi ancora di più considerata l’ultimo baluardo di un percorso educativo all’altezza, il regista ci mostra che esistono isole felici e soprattutto esistono realtà capaci di regalare speranze e contenuti importanti, anche dopo aver abbandonato il grembiule. La scuola non è semplicemente un ambiente di insegnamento e apprendimento, ma luogo di confronto, dialogo, appartenenza.
E c’è un passaggio ancora più interessante in questo documentario “educational”, la consapevolezza che determinati nuovi falsi miti siano da ridimensionare, come il mito dell’autenticità. L’autenticità, la moderna ossessione di essere sé stesso, non salverà il mondo, non è da considerare il valore supremo, perché essere autentici significa anche considerarsi unici e spesso terribilmente singoli.
Ecco, nel momento in cui le insegnanti chiedono ai propri alunni di costruire una storia e renderla pubblica agli altri compagni, una storiella legata ad un oggetto particolare a cui sono affezionati per svariate ragioni sentimentali, viene fuori per magia tutto il desiderio di scoprirsi attraverso gli altri. E proprio estrapolando la battuta di uno dei protagonisti, quella che dà il titolo all’opera, ci si ritrova ancora una volta invasi dalla pandemica volontà moderna del documentare non più l’essere ma l’avvenire.
Manuela Spina