“Pace è assenza di conflitto? No, pace non è assenza di conflitto, i conflitti devono esistere, è normale che esistano conflitti e punti di vista diversi sulle cose, ma devono esistere anche modi di risoluzione dei conflitti diversi dalla guerra”. Così il dirigente scolastico Aluisi Tosolini (coordinatore della rete nazionale di scuole per la pace), nell’appuntamento della Tecnica della Scuola live del 2 marzo 2022, un evento dedicato alla pace, cui ha preso parte anche il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.
“Lavorare sulla cultura di pace non vuol dire lavorare in assenza di conflitto – continua Aluisi Tosolini – non è possibile lavorare alla costruzione di pace in maniera irenica (assenza di conflitto), no, una scuola o un ambiente sociale è sempre un ambiente conflittuale, è la stessa educazione che vuol dire andare oltre, a implicare il conflitto, perché andare oltre vuol dire anche confliggere. Il punto è imparare a lavorare nella conflittualità senza l’uso della violenza,” conclude il dirigente.
Cosa possono fare le scuole? Promuovere una vera didattica della pace, usando strumenti come il debate o il service learning, suggerisce Aluisi Tosolini. “Il debate, la forza del dialogo, dal punto di vista didattico è un grandissimo esempio di come si impara a produrre buone ragioni per discutere e per scegliere insieme qual è il percorso migliore da realizzare – dichiara il dirigente -. Moltissime scuole stanno lavorando sul debate – spiega – esistono persino le olimpiadi del debate, insomma esistono molti strumenti di didattica della pace”.
“Quindi noi siamo contro la guerra ma non contro il conflitto,” interviene il vice direttore Reginaldo Palermo.
“Esatto – risponde Tosolini – ad esempio noi dobbiamo confliggere contro l’ingiustizia o la mancanza della libertà o i dittatori o la fame del mondo, perché l’ingiustizia non se ne va da sola, i dittatori non se ne vanno da soli, dobbiamo confliggere, ma mettendo in campo scelte non violente di assunzione di responsabilità”.
E conclude sottolineando che non dovremmo avere paura dell’altro, con tutto ciò che ne consegue in termini di retorica del “ci ruba il lavoro”, “ci ruba l’acqua”. Piuttosto – sottolinea il coordinatore della rete nazionale di scuole per la pace – “bisogna andare dalla paura dell’altro alla paura per l’altro, paura che l’altro venga ucciso o affamato, del resto il mio impegno per l’altro significa rendere la vita migliore per me e per te”.
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