Gli alunni delle nostre scuole hanno un estremo bisogno di conoscere e riconoscere le loro emozioni (cosa provo?), di comprenderle (perché provo questo?) e di imparare ad esprimerle in modalità adeguate (come gestire questa forte tendenza all’ira che provo in questo momento?). (VAI AL CORSO)
Si parla da tempo, in effetti, dell’esigenza di percorsi formativi che conducano bambini e ragazzi ad una effettiva e progressiva alfabetizzazione emozionale, ma l’impressione è che la scuola italiana focalizzi ancora la propria attenzione prevalentemente sulla dimensione cognitiva, mettendo in sottordine quella relazionale ed emotiva. Eppure, sappiamo che lo stesso processo di apprendimento è strettamente connesso con quelle dimensioni da noi così frequentemente “dimenticate”.
Un primo aspetto che sarebbe utile proporre agli allievi è la funzione che svolgono nella vita espressioni affettive come emozioni, stati d’animo e sentimenti (a proposito, che differenza c’è fra emozioni, stati d’animo e sentimenti?). Qual è, ad esempio, il ruolo che svolgono stati emotivi dolorosi come l’ira, la paura, l’ansia, la tristezza, la frustrazione? Come riconoscerli, comprenderli e gestirli al meglio? Perché abbiamo mantenuto nel tempo un tale corredo di stati affettivi e non li abbiamo lasciati gradualmente per strada nel nostro lungo cammino evolutivo di Sapiens Sapiens? Cosa ci guadagniamo dai nostri “dolori emotivi”?
Un metodo-programma che si sta facendo sempre più strada fra le metodologie di approccio didattico nella scuola è quello dell’apprendimento socioemotivo (Social Emotional Learning). Esso parte dall’idea secondo cui qualunque disciplina (anche materie apparentemente distanti dalla dimensione emozionale, come la Matematica o la Tecnologia, per non fare che un paio di esempi) può dare il proprio contributo, attraverso il suo specifico valore formativo, allo sviluppo di fondamentali soft skills negli alunni, ai più diversi livelli di età. Non c’è infatti aspetto della vita (e quindi del patrimonio di conoscenze umane) in cui la dimensione sociale ed emotiva non svolga un suo ruolo centrale. Del resto, anche a prescindere dai contenuti disciplinari e interdisciplinari, le stesse diversificate situazioni e ritualità scolastiche di ogni giorno sono contenitori e fattori di innesco di svariati stati emotivi e si prestano pertanto a riflessioni collettive e condivise nelle classi su questioni così importanti per la vita di ciascuno (insegnanti compresi). Alla fine di percorsi di questo tipo, si avranno forse allievi effettivamente più “preparati”. Anche alla vita.
Su questi argomenti il corso Metodologie didattiche attive e motivanti, in programma dal 5 luglio, a cura di Giovanni Morello.
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