Riceviamo e pubblichiamo da Cristina Costarelli (Anp Lazio)
La posizione espressa dal Ministero il 28 agosto scorso di non consentire la Ddi agli alunni positivi è stata letta da molti come la negazione della Ddi, quasi che il discorso della didattica digitale integrata debba ridursi al Covid. Ecco, il problema è posto male: le potenzialità della Ddi non hanno nulla a che vedere con il Covid; l’emergenza ce le ha fatte scoprire su larga scala, ma gli sviluppi sono ampiamente da percorrere. È sicuramente uno strumento importante anche in caso di assenze scolastiche, senza dubbio per le assenze lunghe, fondamentale da inserire in eventuali Pdp per alunni che possono avere difficoltà alla presenza scolastica. Per assenze brevi l’esperienza ha fatto emergere come sia uno strumento più difficile da gestire che comunque dovrebbe essere esteso, in caso si approvi la sua utilità, a tutte le assenze: perché chi ha il mal di stomaco non dovrebbe fruire della DDI? Ed inoltre, quando l’assenza è di pochi giorni, tra la comunicazione e l’organizzazione, arriva già il momento di rientrare a scuola. Va anche detto che la presenza a distanza ha anche delle ricadute di affaticamento didattico per i docenti, che devono seguire contemporaneamente chi è in aula e chi a distanza, oltre a disorientare lo stesso gruppo classe.
E poi, dovremmo cercare anche di lasciare agli alunni il diritto alla malattia: in pieno Covid non pochi genitori scrivevano quasi a giustificarsi per il figlio che stava molto male e non poteva connettersi a distanza!
Ma soprattutto la DDI dovrà diventare realmente uno strumento didattico: per ampliare, per integrare, per creare connessioni tra un gruppo classe a Roma ed uno all’estero e molto, molto altro. E su tutto questo l’autonomia scolastica può trovare le soluzioni più creative, come già si sta facendo in tante realtà.
Come strada in caso di assenze scolastiche, una cornice generale a livello ministeriale è necessaria per non generare disparità nella fruizione del diritto all’istruzione e per i profili giuridici e amministrativi che la questione porta con sé. La presenza a distanza andrebbe considerata presenza agli effetti del monte ore minimo per la validità dell’anno scolastico? E se la permanenza in DDI si protraesse per lunghi periodi, in che modo si procederebbe alle attività di valutazione? Quale valore giuridico avrebbero le prove di verifica a distanza? Tutto questo non può essere lasciato all’autonomia delle scuole: sarebbe contro le pari opportunità formative la situazione per cui in una scuola fosse concessa la DDI per un raffreddore, mentre nella scuola a pochi metri di distanza potrebbe non essere concessa per un’assenza motivata di 30 giorni.
Per cui, da un lato potrebbe essere percorribile anche la decisione di consentire la DAD per assenze più o meno lunghe (non solo per il Covid), ma soltanto sulla base di una posizione ministeriale univoca che non crei disparità per gli alunni; da un altro lato, didatticamente, le scuole, sfruttando al massimo la proprio autonomia didattica, dovrebbero sviluppare al massimo le potenzialità della DDI, indipendentemente dal Covid e dalle assenze.
Cristina Costarelli, presidente Anp Lazio