
Quest’anno la somministrazione delle prove INVALSI nella scuola primaria è prevista per il 6, 7 e 9 maggio, mentre nella scuola secondaria di secondo grado le prove si svolgeranno nel corso del mese di aprile. Il MIM e l’intero mondo della scuola italiana attenderanno il consueto Rapporto annuale dell’INVALSI per conoscere gli esiti delle prove e i punti di forza e di debolezza delle scuole. Si tratta di dati che dovrebbero attivare strategie di miglioramento per una scuola più equa che risponda alle esigenze formative di ogni alunna e alunno.
Senza entrare, per ora, nel merito della validità delle prove, il loro consolidarsi dal 2004 a oggi dovrebbe far supporre un rapporto positivo tra costi e benefici. Cosa leggeremo nel Rapporto INVALSI 2025? Purtroppo, dovremo fingere stupore, poiché sarà l’ennesima riproposizione di quanto già noto, forse con una veste leggermente diversa, esattamente come accaduto in passato. Da oltre vent’anni le prove INVALSI fotografano una scuola incapace di garantire un’istruzione equa per tutte e tutti, in cui permangono divari e disuguaglianze territoriali, socio-culturali, di genere e di origine. Chiunque voglia verificarlo può consultare i Rapporti pubblicati sul sito dell’INVALSI, come abbiamo fatto noi COBAS. Nel 2005, in un PowerPoint dell’INVALSI si leggeva: “In IV si ha uniformità di prestazioni per area geografica in tutte le discipline e in entrambi i livelli non vi sono differenze significative fra maschi e femmine.” Ma che cosa è accaduto poi alla scuola? Scorrendo un pò a salti i diversi Rapporti fino all’ultimo disponibile, si constata come l’iniquità del sistema scolastico si sia progressivamente consolidata.
· 2009 (scuola primaria): “In quinta sembra profilarsi un progressivo distacco negli apprendimenti tra gli studenti delle scuole del Centro e quelli del Nord, mentre si conferma il più basso livello degli apprendimenti tra gli studenti delle scuole del Sud. Le differenze di punteggio legate al genere e all’età dei bambini sono minime. Gli alunni di cittadinanza non italiana, nella quinta classe della scuola primaria, ottengono risultati molto inferiori rispetto ai loro compagni italiani, soprattutto in Italiano.”
· 2013: “Il ritardo del Mezzogiorno, già presente ai gradi iniziali, tende in generale ad ampliarsi lungo il percorso degli studi.”
· 2015: “Lo scarto rispetto alla media nazionale tra le macro-aree meridionali e insulari aumenta progressivamente lungo l’itinerario scolastico. I maschi ottengono punteggi più bassi delle femmine nella prova di Italiano e più alti in Matematica. Gli alunni stranieri registrano risultati sistematicamente più bassi rispetto ai loro compagni italiani, con differenze statisticamente significative in quasi tutte le prove, eccetto la Matematica di terza secondaria di primo grado. […] La qualità dell’ambiente familiare incide sui livelli di apprendimento.”
· 2017: “Il quadro delineato dai dati, non dissimile da quello degli anni precedenti, evidenzia una crescente disparità interna al Paese, in particolare tra Nord e Mezzogiorno”. Le differenze di genere, quelle tra alunni italiani e stranieri e quelle legate allo status socio-economico-culturale ricalcano i dati del 2015.
· Ultimo Rapporto 2024: “Si confermano le forti disparità territoriali, non solo tra Nord e Sud (e talvolta tra Nord, Centro e Sud), ma anche tra regioni e province. Persistono significative disuguaglianze legate al contesto socioeconomico e culturale delle famiglie, segno di un sistema scolastico scarsamente equo, incapace di compensare gli effetti del contesto di provenienza, come previsto dalla Costituzione. L’emergenza Covid-19 ha messo ulteriormente in luce ed esasperato alcune criticità storiche del sistema scolastico italiano.”
Anche quest’ultimo Rapporto conferma le criticità che affliggono la scuola, riconoscendone perfino la persistenza nel tempo. Dal 2004 a oggi, le prove INVALSI hanno comportato un costo complessivo di circa 400 milioni di euro, senza tuttavia determinare sviluppi positivi nel sistema educativo. L’INVALSI sostiene che i dati delle prove offrano a Dirigenti e docenti “l’opportunità di individuare situazioni di difficoltà o di eccellenza e di progettare azioni adatte al miglioramento di ogni singola scuola”. Ma Dirigenti e docenti hanno verosimilmente bisogno degli esiti delle prove INVALSI per conoscere i bisogni formativi di alunne e alunni? Come fanno a garantire percorsi didattici inclusivi e favorire il successo formativo degli alunni con bisogni educativi speciali le cui prove vengono escluse dalle rilevazioni?
I Rapporti annuali rilevano dati sempre più preoccupanti dal 2005 a oggi, dimostrando l’inefficacia dei finanziamenti assegnati alle singole scuole sulla base degli esiti delle prove INVALSI. Come COBAS riteniamo che questo già sia più che sufficiente per opporsi alle prove. Ricordiamo, a titolo emblematico, che la scuola primaria, un tempo fiore all’occhiello del sistema educativo italiano, ha subito un progressivo declino a partire dall’abolizione del Tempo pieno e delle ore di compresenza (nelle intenzioni della ministra Moratti e portata a compimento dalla ministra Gelmini), aggravato poi dagli effetti negativi dell’autonomia scolastica. La scuola pubblica non ha bisogno di test, ma di investimenti concreti per il ripristino del vero Tempo pieno e del Tempo prolungato su tutto il territorio nazionale, la riduzione del numero di alunni per classe e la stabilizzazione del personale precario. Al contrario, assistiamo al ridimensionamento degli istituti scolastici, a tagli al personale e alla continua sottrazione di risorse alla scuola pubblica a vantaggio di quella privata.
Bruna Sferra Esecutivo di Roma e provincia dei COBAS Scuola
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