Un’insegnante inglese di 50 anni, scrive Tempi.it, ha dovuto indossare l’hijab, che nasconde i capelli, e vestiti che coprissero tutto il corpo escluse le mani.
Dopo tre mesi la donna ha deciso prima di mettersi in malattia, come consigliato dal sindacato, e poi di licenziarsi dopo che la procedura era stata avviata dalla scuola.
La scuola islamica Al Madinah è un istituto multireligioso, finanziato dallo Stato, che prevede ore di religione e momenti di preghiera differenziati a seconda della fede degli alunni, ma col tempo sarebbe diventata sempre più islamica tanto che sarebbe vietato leggere fiabe, suonare strumenti musicali o cantare. Le ragazze devono per forza sedersi nelle ultime file e non possono guardare i ragazzi. In mensa, si serve solo cibo halal.
In servizio già da 20 anni, alla docente sarebbe stato detto di vestirsi in «modo più appropriato e modesto» e che due uomini le avrebbero insegnato come. «Io mi sono offesa – racconta la donna – perché mi sono sempre vestita in modo modesto e professionale, con gonne lunghe al ginocchio e calze coprenti. E poi quando ho firmato il contratto nessuno mi ha mai parlato di codici di abbigliamento».
Pe questo la donna prima si è messa in malattia ma quando poi la scuola stava ha avviato la procedura di licenziamento se n’è andata da sola. «Le scuole multireligiose non sono come mi aspettavo – spiega – Mi sono sempre sentita oppressa dai pregiudizi dei colleghi. Ho scritto al Ministero dell’educazione raccontando la mia esperienza negativa e sono in attesa di una risposta». La scuola Al Madinah non ha commentato l’articolo del quotidiano mentre il Ministero ha assicurato che «faremo un’ispezione».
Sembra inoltre che casi simili siano già accaduti in tali scuole pubbliche islamiche: un professore ha testimoniato che a mensa i ragazzi dovevano essere serviti prima delle ragazze, mentre un’altra ha raccontato che, in quanto donna, non poteva stringere la mano ai colleghi uomini o alle famiglie.
Un caso strano quello della scuola islamica inglese e che fa propendere senza dubbio alcuno verso la scuola statale, laica e pubblica, dove il confronto è aperto e libero, e la libertà religiosa riconosciuta senza ombra alcuna.
Se infatti ogni confessione religiosa, politica, culturale si creasse la propria scuola per i figli dei suoi adepti, proprio per fare rispettare, anche con l’imposizione, come è avvenuto nel caso prima descritto, la propria visione del mondo e la propria ideologia, si avrebbero tante piccole roccaforti, tutte isolate e tutte magari pronte a darsi battaglia in nome dei principi di ciascuno: terrificante.
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