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Covid-19. Più contagio alla scuola dell’infanzia? Forse non bastano i gruppi stabili

Le probabilità più elevate di contagiare si osservano fra i bebè, bambini 0-3 anni, rispetto ai teenager, ragazzi 14-17 anni. Le differenze possono essere spiegate da “differenze nella diffusione virale, nell’espressione dei sintomi e nei fattori comportamentali; e si sospetta che la carica virale sia un fattore importante”. Lo affermano alcuni scienziati canadesi nell’ambito di uno studio pubblicato sulla rivista Jama Pediatrics, che parla di veri e propri baby-spreader, cioè piccoli diffusori del contagio.

L’infettività differenziale dei gruppi di età pediatrica – evidenziano gli esperti – com’è intuitivo, ha implicazioni per la prevenzione delle infezioni all’interno delle famiglie, così come nelle scuole e negli asili.

Più contagio alla scuola dell’infanzia?

L’assenza di mascherina, ad esempio, per bambini sotto i 6 anni, insieme ai dati dello studio appena evidenziati (il comportamento per il quale, ad esempio, i bambini più piccoli tendano a portarsi le mani in bocca e poi a entrare in contatto con gli altri bambini) potrebbero essere ragioni di un’importante circolazione del virus nella scuola dell’infanzia, nella quale – lo ricordiamo – il principale se non l’unico strumento posto in essere a limitazione del contagio è il mantenimento dei cosiddetti gruppi stabili, tali che una sorta di bolla tra gli alunni e le rispettive famiglie permetta di non estendere l’eventuale virus oltre il gruppo stesso. Ma è sufficiente?

Di recente, Ivana Barbacci (Segretaria aggiunta Cisl Scuola), nel corso della diretta della Tecnica della Scuola Live, ha osservato peraltro che senza organici stabili nelle scuole dell’infanzia è difficile mantenere gruppi stabili. Dunque il precariato non permette la creazione di bolle.

La ricerca

Tornando alla ricerca, gli scienziati si sono chiesti: esistono differenze nelle probabilità di trasmissione del Covid da parte dei bambini più piccoli rispetto ai più grandi? La risposta emersa da un campione di 6.280 famiglie è stata positiva. “I bambini più piccoli possono avere un rischio maggiore di trasmettere il virus ai loro caregiver e fratelli rispetto ai ragazzi più grandi”, concludono gli autori.

La ricerca si è svolta in Ontario, Canada, tra giugno e dicembre 2020. I bambini di età fra 0 e 3 anni avevano le più alte probabilità di trasmettere Sars-CoV-2 ai loro contatti familiari rispetto ai minori di età compresa tra 14 e 17 anni; e anche i bambini di età compresa 4-8 anni e 9-13 anni avevano maggiori probabilità di trasmissione rispetto ai più grandi. 

Un’analisi che dà da pensare e merita maggiori approfondimenti, specie alla luce del fatto che i ragazzi delle scuole superiori sono stati penalizzati più degli altri in tempo di pandemia, data la preoccupazione che il loro girovagare e frequentare i coetanei potesse essere di maggiore impatto sulla diffusione del virus.

Carla Virzì

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