Il personale scolastico che metà luglio non ha ancora fatto una dose di vaccino anti-Covid sembra rimanere fermo sulle proprie posizioni: lo si evince dal bollettino settimanale governativo sull’andamento della pandemia in Italia, dal quale risulta che ad oggi rimangono da vaccinare ben 221.354 lavoratori della scuola, tra docenti e non docenti. Appena 2 mila in meno rispetto a sette giorni prima.
Quello che preoccupa Cts e virologi è che ci sono regioni dove la percentuale di vaccinati è lontanissima dalla totalità: in Sicilia, ad esempio, si è appena superata la metà del personale scolastico, con il 43% di insegnanti, Ata e dirigenti scolastici ancora senza nemmeno una dose di vaccino fatto.
Ma a cosa si deve questa diffidenza? Mesi fa avevamo ipotizzato che il 15-20% di docenti e Ata, soprattutto dopo i casi di possibili reazioni allergiche o di vario tipo alla somministrazione di una dose, si sarebbe sottratto al vaccino.
Qualche giorno fa abbiamo detto, commento del 60% di docenti (80% tra gli Ata, ds, studenti e genitori) che al sondaggio della Tecnica della Scuola hanno detto ‘no’ all’obbligo vaccinale, che i motivi della diffidenza sono diversi: fondamentalmente, la mancata volontà nasce dalla diffidenza nei confronti del vaccino ovvero dal fatto che fare una dose di AstraZeneca viene considerato pericoloso, e poi c’è il popolo dei no vax che anche tra il personale scolastico sicuramente è presente.
A pesare, probabilmente, è anche il fatto che più dell’80% del personale scolastico è donna e le donne sono quelle che hanno fatto registrare maggiori reazioni avverse proprio al vaccino AstraZeneca.
C’è poi un’ultima ipotesi, sulla quale il ministero potrebbe fare delle verifiche: quella che tra gli oltre 221 mila docenti e Ata della scuola vi siano diversi precari oggi rimasti disoccupati.
Perché nel computo stilato dal governo a suo tempo, con più di un milione e 400 mila lavoratori associati alle dipendenze della scuola, c’erano anche loro. Compresi i circa 70 mila docenti e Ata cosiddetti Covid assunti per un’annualità con i fondi dell’ultima Legge di Bilancio.
È possibile che, anche a causa della sospensione in primavera della somministrazione del vaccino AstraZeneca, voluta cautelativamente dall’Aifa, costoro si siano attardati nel prenotarsi. E che poi, una volta giunto il loro turno, abbiano deciso di soprassedere. Anche perché nel frattempo i rischi di contagio da Covid-19 sono sensibilmente scemati. Fino a precipitare nei giorni scorsi.
È possibile, però, che nel volgere di qualche giorno o settimana sempre questi lavoratori possano essere indotti a cambiare idea. Prima di tutto perché potrebbero sottoscrivere una nuova supplenza con l’inizio del prossimo anno scolastico.
Ma anche perché potrebbero sentirsi in qualche modo costretti.
Sia perché il governo potrebbe decidere di attuare l’obbligo vaccinale per il personale scolastico. E’ sintomatico che il Comitato tecnico scientifico abbia chiesto il green pass anche per operare professionalmente nella scuola, sempre che “la soluzione sia giuridicamente percorribile“.
Sia perché l’esecutivo potrebbe avallare il green pass per muoversi un po’ ovunque: in tal caso, l’obbligo della certificazione di vaccinazione, tampone negativo o guarigione, sarebbe richiesto per entrare in bar e ristoranti, con possibili sanzioni ai gestori – chiusura per 5 giorni – e multa agli avventori fino a 400 euro.
Un rischio che potrebbe far vacillare anche i più convinti oppositori ai vaccini anti-Covid.
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