C’è preoccupazione tra gli addetti ai lavori per l’insorgere di casi di nuove varianti di Covid, in particolare quella inglese, all’interno delle scuole: mentre i sindacati della scuola tornano a rivendicare la mancanza di dati certi sui contagi, alcune associazioni e comitati ribadiscono con forza il ritorno alla didattica a distanza al 100%.
Secondo la Flc-Cgil “destano forti preoccupazioni le notizie che giungono da varie parti del Paese di focolai nelle scuole determinati da varianti del coronavirus. L’ultimo, particolarmente allarmante, è quello che ha colpito alcune scuole primarie e dell’infanzia nel comune di Bollate in provincia di Milano, che ha determinato la chiusura dei plessi frequentati da quasi 750 bambini. Casi isolati sono stati individuati anche a Roma“.
Il sindacato ritiene che non via siano state adeguate informazioni sulla “riapertura in presenza delle scuole, a partire da quelle del primo ciclo: occorre fare chiarezza sui dati del contagio nelle scuole delle varie regioni. Se non si conoscono con precisione dati e numeri, diventa difficilissima se non impossibile l’adozione di interventi adeguati sia sulla sicurezza che sulla prevenzione”.
Per la Flc-Cgil occorre pianificare un “programma di screening con tampone antigenico periodico del personale della scuola tenuto conto del diffondersi delle nuove varianti”. Come va avviata subito la “campagna vaccinale, tenendo ben presente che circa 450 mila lavoratori della scuola hanno dai 55 anni in su”.
“Per fare tutto questo – continua il sindacato – occorre un governo nazionale dei problemi. In caso contrario qualsiasi azione naufragherà nel caos delle disposizioni regionali e territoriali e nel conflitto permanente tra istituzioni. Chiediamo al nuovo governo che sta per insediarsi, un deciso cambio di passo”, concludono i lavoratori della conoscenza della Cgil.
Nel frattempo cresce la richiesta per tornare alla DaD. Come quella del “Comitato nazionale Dad per tutti”, che ha inviato una lettera aperta inviata al presidente incaricato Mario Draghi, al capo dello Stato ed ai presidenti di Camera e Senato.
Ben 12 mila persone, fra genitori, docenti e personale Ata di oltre 250 città, hanno chiesto l’adozione della didattica a distanza per ogni ordine e grado fino al permanere della “situazione di grave rischio contagio” e alla “pubblicazione da parte del Ministero dell’Istruzione dei dati reali del contagio covid nelle scuole, tra bambini, ragazzi e studenti in genere, insegnanti, Ata nonché i dati sul numero di morti in queste categorie”.
Secondo i promotori dell’iniziativa le scuole devono essere “chiuse immediatamente, a tutela della salute di insegnanti, Ata, genitori e studenti, finché permanga il pericolo del contagio”.
In alternativa, il Comitato chiede che si “rifletta sull’opportunità di adottare la didattica a distanza a richiesta, come avviene in altri paesi, lasciando l’opzione anche agli insegnanti di aderire in piena libertà, a tutela della loro salute”.
“La seconda ondata non è ancora passata e la terza ondata del virus si avvicina – si legge nella petizione – Già si affacciano in Italia, come in tutta Europa le varianti Inglese Sudafricana e Brasiliana che potrebbero provocare moltissimi morti e contagiati”.
“Autorevoli scienziati, virologi, epidemiologi ogni giorno, ci consigliano di tenere le scuole chiuse, perché potrebbero essere veicolo di propagazione del contagio”, si legge ancora. “Lo ha detto il 4 febbraio il professor Ricciardi, sembra la più pericolosa e si diffonde molto nelle scuole perché colpisce più frequentemente bambini e giovanissimi”, conclude il Comitato.
Ha raggiunto, nel frattempo, quasi 200 mila adesioni la petizione dell’Unsic, attraverso cui chiedere alle istituzioni di praticare la didattica a distanza fino a quando i contagi da Covid non si ridurranno.
Ora, l’Unione sindacale imprenditori e coltivatori si appella al governo in via di formazione, affidato a Mario Draghi: “I dati dell’ultimo monitoraggio Istituto superiore di Sanità e ministero della Salute – si legge – evidenziano con chiarezza una tendenza: le Regioni che hanno aperto per prime le scuole superiori sono quelle con l’Rt più alto”.
Questi i dati che fornisce l’Unsic: “L’Alto Adige, che ha riportato gli studenti nelle aule il 7 gennaio, guida l’amara classifica con 1,25. A seguire le tre Regioni che hanno riaperto l’11 gennaio: Abruzzo con 1,22, Basilicata con 1,20 e Toscana con 1,1. Al contrario, agli ultimi posti troviamo le Regioni che hanno riaperto le scuole per ultime: Friuli-Venezia Giulia con 0,98, Sardegna con 0,87, Veneto con 0,71 e Sicilia con 0,66. Solo una casualità?”.
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