Agostino Miozzo, dirigente della Protezione civile e coordinatore del Comitato tecnico scientifico che assiste il governo nella gestione del dossier sul Covid-19
Il ritorno dei contagi sopra quota 20 mila è sintomatico di una situazione che sembra tornare su livelli preoccupanti. Con i governanti che non escludono una nuova “stretta”. E la scuola stavolta potrebbe non rimanerne fuori. Già negli ultimi giorni è salito il numero di località dove si è provveduto al ritorno massiccio alla DaD. Ora, il peggioramento del quadro generale delle infezioni, con l’aggravante delle varianti che imperversano pure tra i giovani, non esclude la possibilità di tornare alla chiusura generalizzata degli istituti. Magari, stavolta, lo stop alla didattica in presenza durerebbe non mesi, ma “solo” due-tre settimane.
Dell’argomento si è parlato il 26 febbraio a Palazzo Chigi, durante un incontro dei componenti della cosiddetta cabina di regia allestita dal governo sulla gestione del Covid.
A sollevare il problema delle scuole intese come potenziali luoghi di ulteriore propagazione dei contagi erano state le Regioni, che il giorno prima si erano rivolti con toni allarmati al ministro delle Autonomie e Mariastella Gelmini e a quello della Salute Roberto Speranza.
Ebbene, assieme al nuovo responsabile del dicastero dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, i ministri hanno posto il problema al Comitato tecnico scientifico: il pool di esperti, coordinato da Agostino Miozzo, ha replicato asserendo che farà a breve uno studio sulla situazione epidemiologica nelle scuole, proprio alla luce della diffusione delle nuove varianti del Covid.
Il Cts si è impegnato, quindi, a fare avere agli stessi ministri un quadro sulla diffusione del Covid negli istituti scolastici entro pochi giorni.
Ora, se il Cts non dovesse fornire dati allarmanti, il governo ha già tracciato la strada: è intenzione dell’esecutivo guidato da Mario Draghi di lasciare in presenza gli alunni dell’infanzia, della primaria e delle medie mentre gli studenti delle superiori svolgerebbero la didattica è in presenza “almeno al 50% e fino ad un massimo del 75%”.
L’indicazione è contenuta nella bozza del Dpcm inviato alle Regioni, all’interno dell’articolo dedicato alla scuola.
Nel testo si introduce un ulteriore misura “al fine di mantenere il distanziamento sociale, è da escludersi qualsiasi altra forma di aggregazione alternativa”.
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