Mentre si diffonde l’ansia fra la gente per il ritiro in tutta Italia del vaccino AstraZeneca, esce per UnsicEditore il libro di Domenico Mamone e Giampiero Castellotti, “Covid e dintorni. Dalle cicatrici emotive alla ricostruzione della società”.
Nel quale vengono dati numeri che per certi versi confliggono con quelli ufficiali: “le cifre ufficiali, nella maggior parte dei casi, non sono attendibili e la loro gestione è peggiorata nel tempo”.
Che non è una bella notizia, insieme a quell’altra: Non è una novità che il numero dei nuovi contagiati sia inaffidabile. La cifra dipende dalla quantità di tamponi eseguiti. Computo da cui non solo sfuggono gli asintomatici, ma anche coloro che scoprono con un sierologico di aver contratto il virus e restano fuori dalle statistiche: andrebbero infatti inseriti sia tra i contagiati sia tra i guariti. Inoltre da qualche settimana è stato reso disomogeneo il numero dei tamponi eseguiti, sommando molecolari e antigenici”.
E ancora, spiegano i due: “le percentuali dei contagiati diffuse dal ministero della Salute sono calcolate sul bilancio demografico non aggiornato”, e siccome la popolazione italiana è diminuita i numeri ancora una volta non sono corretti, dunque non più il 4,97 per cento di contagi, ma almeno del 5,06.
E va ancora più in là, sulla famosa forbice tra Nord e Sud: se il settentrione è stato complessivamente più flagellato dal virus, il Mezzogiorno ha visto esplodere i problemi di carenze strutturali sanitarie, mentre non si sarebbe tenuto conto dei “viaggi della speranza”: se la Lombardia nel 2018 ha avuto un saldo positivo di mobilità di 100.641 pazienti, la Sicilia ne ha avuto uno negativo di 36.104.
E per quanto riguarda la scuola?
In punta di fioretto c’è l’ex ministra Lucia Azzolina, la quale non avrebbe indagato e studiato diversi lavori sul contagio, primo fra tutti quello statistico di Livio Fenga dell’Istat, realizzato a titolo personale: secondo lo studioso il ritorno a scuola avrebbe avuto un impatto sull’aumento delle infezioni quantizzabile in circa 225.815 casi tra studenti e docenti fino alla chiusura a novembre, di cui 12.900 in Sicilia, numero non rilevante rispetto ad altri territori.
Gli autori ricordano la sostanziale impreparazione del nostro apparato scolastico alle riaperture a settembre. Puntano l’indice, tra l’altro, sull’acquisto dei banchetti, costati 280 euro l’uno per un totale di 119 milioni. Non sarebbe stato meglio investire sulle nuove tecnologie, dal momento che non era difficile prevedere l’uso della didattica a distanza in un anno così complicato? Ma viene pure ricordato che in Abruzzo, al pari del Veneto, molti banchetti sono stati dismessi perché scomodi. Sempre sulla scuola, la ricerca di Mamone e Castellotti riporta numerosi dati sul rapporto tra contagi e istituti scolastici.
Quelli pubblicati dalla rivista Wired su numeri ufficiali del ministero (64.800 casi ad ottobre) vedono l’Abruzzo al secondo posto in Italia (97,9 casi ogni 10mila studenti e docenti contro i 42,5 generali) dietro al solo Molise con 120 casi.
Il libro ricorda, infine, che le regioni che hanno riaperto prima le scuole dopo le vacanze natalizie (Alto Adige il 7 gennaio, Abruzzo e Toscana l’11 gennaio) si sono ritrovate per prime in fascia arancione o rossa nel giro di poche settimane. La parte finale del libro è arricchita dalle considerazione sulla “lezione” offerta dal virus: il senso di sospensione, la rinnovata gerarchia delle priorità, la necessità di una rigenerazione morale, il monito per le imprese.
E a proposito di gestione della pandemia, non manca l’esempio della comunità cinese a Prato, che “ha saputo contenere il contagio rispettando rigidamente le regole sull’uso degli strumenti protettivi, sul contingentamento degli ingressi nei negozi, sulla rinuncia agli assembramenti: su 26mila residenti cinesi, i contagiati nel 2020 sono stati un centinaio.
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