Attualità

L’aria nelle classi è a rischio contagi, la “lezione” del Covid non è servita

Il Covid non è bastato per dotare le scuole di sistemi di aerazione meccanica e purificazione dell’aria: se ne è parlato a lungo, con la pandemia da Coronavirus i politici hanno promesso interventi copiosi, ma alla fine non se ne è fatto nulla. Almeno a livello nazionale. Tanto che nell’ultimo mese l’influenza stagionale ha trovato terreno fertile proprio nelle classi.

Il monito della commissaria Ue: servono adattamenti

 Il problema non è solo italiano: è tutto dire che la scorsa estate la Commissaria europea Stella Kyriakides ha scritto una lettera ai ministri della Salute dei Ventisette Paesi Ue, auspicando l’allestimento di sistemi di ventilazione efficaci negli ambienti educativi e occupazionali chiedendo quindi di “apportare gli adattamenti necessari” il prima possibile.

Nel nostro Paese, a quasi tre anni dall’inizio della pandemia e del primo vero lockdown in Italia, per vedere qualche passo avanti occorre concentrarsi sulle iniziative territoriali o delle singole scuole. Come quella di Napoli, dove due istituti scolastici hanno aderito al progetto “Adotta una scuola” lanciato dalla Società italiana di medicina ambientale: aderendo all’iniziativa della Sima, le due scuole si sono dotate dei sistemi di purificazione dell’aria in grado di abbattere il rischio di contagi da Covid nelle classi e garantire la salute di studenti e insegnanti.

A Napoli due scuole ci sono riuscite

Nelle aule delle due scuole – il “Nuovo Bianchi” e “Scuole Pie dei Padri Scolopi” – sono stati installati dei sistemi di misurazione della Co2, purificazione nanometrica dell’aria, ma anche di coating fotocatalitico al biossido di titanio a base di etanolo, in grado di rendere sicuri gli ambienti scolastici, ha spiegato Sima. 

“Nostri recenti studi – hanno fatto sapere dalla Società italiana di medicina ambientale – hanno quantificato in valori inferiori all’1% il rischio di contrarre il Covid-19 laddove vengano mantenuti livelli di Co2 pari o inferiori a 700 Ppm (parti per milione). Proprio per questo abbiamo elaborato per le scuole uno schema di classificazione del rischio a livelli (da basso a molto elevato) con un sistema di visualizzazione basato sui colori del semaforo”.

“A ogni livello di rischio – ha continuato Sima – corrisponde una serie di azioni da attuare per garantire un’adeguata ventilazione dell’aria indoor delle aule: variazione dei tempi e della frequenza di apertura di porte e finestre, modifiche dell’assetto delle aule (numero di studenti ammessi), nonché modifiche relative agli edifici come l’implementazione di sistemi di ventilazione meccanica o dispositivi di purificazione dell’aria“.

Carmine Esposito, responsabile Sima Napoli, ha definito “rivoluzionario” il sistema di monitoraggio e purificazione dell’aria introdotto nei due istituti: una iniziativa “nata non solo per dare parità di accesso a un’istruzione dagli standard elevati, ma anche per promuovere l’educazione civica e il rispetto dell’ambiente”, arrivando a “rendere gli istituti scolastici luoghi sempre più sicuri e confortevoli”.

Si continua come prima del Covid

Questo accade, però, in appena due istituti. E gli altri? Continuano ad andare avanti come si faceva prima del Covid: nelle classi per evitare ristagni di aria, si fa lezione con le finestre tenute periodicamente aperte. Una prassi, consigliata anche dal ministero della Salute e confermata dai protocolli del dicastero di Viale Trastevere, che occorre attuare anche in questi giorni particolarmente freddi. Ancora di più se le classi sono affollate: considerando che sono rimasti in vigore i parametri introdotti dall’ultimo Governo Berlusconi, almeno 27 alunni, ad esempio, per fare le prime classi delle superiori, l’apertura delle finestre (soprattutto se le aule sono piccoline) appare inevitabile.

Rimane il rammarico per non avere utilizzato i fondi del Pnrr per creare i sistemi automatici di aerazione: sarebbero serviti almeno un paio di miliardi di euro per dotare le 370 mila aule. Nemmeno molti, se si pensa che alla Scuola in cinque anni di miliardi ne arriveranno complessivamente oltre 15.

Alessandro Giuliani

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