La nuova intervista del direttore Alessandro Giuliani a radio Cusano non poteva che prendere le mosse dal drammatico evento di cronaca: la morte dei ragazzo friulano durante uno stage in azienda.
“Bisognerebbe fare un po’ di chiarezza sulla faccenda dell’alternanza scuola-lavoro – esordisce il direttore Giuliani -. Non si è trattato di un corso di scuola canonico ma di un Centro di formazione professionale, centri gestiti dalle regioni e che non hanno nulla a che vedere con l’alternanza scuola-lavoro legata al triennio finale dei normali cicli scolastici. Questo va a sgomberare il campo dal discorso scuola inquinata dalla presenza eccessiva del lavoro che va a eccede e a sovrastare la formazione scolastica. La formazione professionale è una sorta di avviamento al lavoro ed è legata a doppio filo all’attività professionale in azienda,” spiega.
“Ciò detto, è comunque un fatto di una gravità inaudita e non si può mettere un ragazzo su una catena di montaggio di quella pericolosità”.
“Uno ragazzino ma neanche un lavoratore deve essere messo in quelle condizioni, condotto ad esporsi a un pericolo del genere. Le dichiarazioni della mamma sono emblematiche: un ragazzo non può uscire da casa per andare a scuola e non tornare più”.
“Una polemica tornata in auge – interviene il conduttore – perché spesso l’alternanza scuola-lavoro è stata al centro delle polemiche in quanto si segnala uno scollamento ampio tra le intenzioni di questi progetti e le reali competenze che si vanno ad acquisire in questi percorsi. Con la morte di questo ragazzo si va a riaccendere tutto, seppure talvolta in maniera confusionaria e scomposta”.
“Che alle volte ci sia sfruttamento o un utilizzo improprio delle attività stagistiche o di Pcto è fuori di dubbio – commenta il direttore – e occorre che le scuole si impegnino in un’opera di sorveglianza”.
E chiarisce: “All’interno degli istituti ci sono i tutor scolastici che hanno l’obbligo di verificare le condizioni nelle quali è posto il ragazzo e come si sta realizzando lo stage. Ecco, posso pensare che questo potrebbe non avvenire sempre – continua – come potrebbe non avvenire sempre che la scuola verifichi che la convenzione stipulata con l’azienda venga ottemperata in tutte le sue parti, e quando si esce da questi binari poi è a rischio l’incolumità dello studente. Ricordiamoci che in certi contesti lo studente già nei laboratori di un istituto scolastico è un lavoratore, figuriamoci in azienda”.
“Fanno bene gli studenti a protestare e a pretendere che il Ministero sia fermo nell’effettuare i controlli e nello stipulare delle convenzioni che non rimangano sulla carta ma siano portate avanti sul piano pratico”.
“Abbiamo esperienza diretta dei presidi che ci raccontano di situazioni con percentuali ben più alte rispetto a quelle illustrate dal ministero dell’Istruzione. Rimane il fatto che la maggior parte della classi si ritrovano almeno un ragazzino collegato a distanza,” afferma Alessandro Giuliani.
“Poi ci sono i casi con due positivi che comportano che tutti i non vaccinati vadano in DaD. Una casistica che a me risulta molto frequente. La didattica così non dico che sia compromessa ma va avanti con difficoltà”.
Quali novità dal Governo? Su spinta di associazioni come Priorità alla scuola, sembrerebbe che “la tendenza per tutta la classe sia quella di allargare il numero di contagiati” necessario a legittimare la DaD.
Insomma, si andrebbe verso un allargamento delle maglie. “Ci ritroveremo con 3 o 4 contagiati mentre il resto dei ragazzi rimane in classe a fare lezione”.
E conclude amaramente: “I contagi si stanno riducendo ma non significa che siamo usciti dal Covid”.
“Io credo che sia una dimenticanza del Ministero dell’Istruzione. Lo scorso anno non si dimenticò l’importanza dell’integrazione e si esplicitò laddove necessario l’esigenza di creare dei gruppi classe, anche di due o tre alunni, per evitare la presenza del solo alunno con bisogni educativi speciali o disabile in classe: è anche questione di buon senso”.
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