Sul rientro in classe c’è poco da stare tranquilli. L’associazione Unsic ha rielaborato dei dati “del ministero della Sanità” da cui emerge che “mentre il trend medio italiano è in calo”, con meno di 8 mila casi nelle ultime ventiquattr’ore, “i contagi crescono proprio dove le scuole sono state riaperte”. Una teoria avvallata, qualche giorno fa, anche dal professore Massimo Galli, direttore di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, che ha ricordato come “metanalisi in 131 Paesi mostri che 28 giorni dopo la riapertura delle scuole intese in senso lato, abbiamo un 24% di aumento dell’Rt”.
L’Unsic, già promotore della petizione on line che ha raccolto 200 mila firme per mantenere la DaD alle superiori, nel monitorare la situazione epidemiologica delle scuole italiane ha spiegato che “in Toscana si è passati dai 2.901 contagi complessivi della settimana 11-17 gennaio, quella della riapertura, ai 3.597 di quella 25-31 gennaio appena conclusa”.
Ad esempio, “in provincia di Grosseto i casi sono più che quadruplicati (da 33 a 136), incrementi rilevanti anche a Massa (da 151 a 259 settimanali), Pistoia (da 187 a 292), Prato (da 213 a 307), Lucca (da 254 a 304), Arezzo (da 314 a 351) e Firenze (da 779 a 988)”.
Situazione analoga in Abruzzo e Molise, “dove, due settimane dopo l’apertura, molti istituti stanno chiudendo per i casi nelle classi”.
Intanto, per gli studenti delle superiori di Perugia e di un’altra trentina di comuni dell’Umbria, il ritorno in classe si è rivelato una vera beffa: il 1° febbraio, nello stesso giorno in cui hanno ripreso le lezioni in presenza (con una parte delle classi ancora in DaD), si sono sentiti dire che dovranno tornare alla didattica a distanza almeno fino a domenica 14 febbraio. A rimanere a casa saranno anche gli alunni di primaria e medie.
La decisione – che a Perugia è giunta con un’ordinanza del sindaco Andrea Romizi nell’ambito degli interventi per limitare i contagi da Covid – è stata presa in seguito agli incontri con i vertici della Regione in sede Anci Umbria, durante i quali è stato richiesto un intervento da parte di 31 Comuni particolarmente interessati dalla diffusione dei casi di contagio.
Nel frattempo, in Puglia continua a far discutere l’ordinanza del governatore Michele Emiliano, in base alla quale sino al 6 febbraio gli studenti delle superiori potranno seguire in presenza, entro il limite del 50% per ogni aula, oppure proseguire con la didattica integrata digitale, cioè con le lezioni a distanza.
Secondo la Uil, appena il 20-25% degli studenti pugliesi avrebbe deciso di recarsi a scuola.
Canovaccio simile in Calabria, dove il presidente regionale facente funzione, Nino Spirlì, ha anch’egli offerto ai genitori la chance di optare ancora una settimana per la DaD.
In Sicilia, infine, gli studenti delle superiori già sapevano che sarebbero rientrati in classe l’8 febbraio.
Intanto, preoccupano i dati sui contagi della Campania, dopo che nell’ultimo giorno si è assistito ad un chiaro rialzo dei contagi: secondo i dati del bollettino fornito dall’Unità di crisi, e relativo alle ultime 24 ore, i positivi sono 994 su 8.417 tamponi effettuati per un rapporto positivi/tamponi che si attesta all’11,80%, ben oltre l’8,19% fatto segnare il giorno prima.
Intanto, in alcuni istituti superiori di Caserta lunedì 1° febbraio molti studenti hanno deciso di non rientrare in classe per protesta.
Anche a Napoli. Come gli studenti del liceo classico Sannazaro, che hanno preferito riunirsi in assemblea sulle scale: anche si si sarebbe dovuto collegare in Dad ha aderito allo sciopero. Aule deserte pure al liceo ‘Pansini’.
Sempre a Napoli, non sarebbe andata bene l’iniziativa dell’Anm per garantire bus dedicati agli studenti per il rientro in aula. Lunghe file sono state notate all’ingresso di alcune stazioni e del metrò.
Secondo Marco Sansone, dell’Usb, gli studenti “hanno preferito scioperare o muoversi con auto private per garantire la loro sicurezza”.
Malgrado l’ennesima conferma di stop alla didattica in presenza, per l’Unesco da settembre a oggi le scuole italiane sono state aperte più che in tanti altri Paesi dell’Europa. A parte la Francia, data dall’indagine Unesco con le scuole sempre aperte, nel novero europeo ad aver fermato l’attività scolastica in presenza in modo totale, ci sono in particolar modo Germania, Olanda e Regno Unito, con 4 settimane di blocco. Ma si tratta di dati che Italia Viva contesta.
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