Anche quest’anno la scuola è stata segnata dalla pandemia: distanziamenti, mascherine, limitazione delle attività, DDI, aerazione “fai da te” in pieno inverno e, nell’ultimo mese, esami di Stato con commissari ammalati e sostituiti in corsa, candidati positivi (con relative prove suppletive organizzate in sessioni snervanti e faticose non ancora concluse), in un clima letteralmente rovente (a proposito, qualcuno spieghi al “finto giovane” Jovanotti e a chi lo ospita in tv senza contraddittorio con i soldi pubblici che in Italia i giorni di scuola sono di gran lunga superiori a quelli della Francia e di altri paesi europei, ma che nel nostro Paese non abbiamo le stesse strutture e già a giugno la temperatura arriva a superare i 40°C!).
Tutto questo in un quadro di pretesa “normalità”, originata dall’ipocrita revoca dello stato di emergenza di marzo e dal conseguente “liberi tutti” o quasi: peccato che il virus non sappia leggere le dichiarazioni “affettuose” del ministro Bianchi e del governo “di quelli bravi” e, nel frattempo ci sia una nuova, pericolosa ondata con una nuova variante estremamente contagiosa (circa cento morti al giorno e tasso di positività al 30%!).
In un Paese civile ci si aspetterebbe che, dopo tre anni dall’inizio della pandemia, si fossero attrezzate le scuole in modo da limitare i problemi legati al contagio (magari usando i fantastiliardi del PNRR: a proposito, dove sono finiti? Chi li ha visti?) e, invece, si scopre che, non solo non si è provveduto a fornire le scuole di impianti di areazione e igienizzazione dei locali, ma che addirittura manca un piano per affrontare il nuovo anno scolastico a meno di due mesi dall’avvio, mentre nemmeno si è rinnovato il contratto del personale scolastico scaduto da anni (con gli stipendi più bassi nel Pubblico impiego, tra i più bassi d’Europa e un’inflazione galoppante all’8%!): in somma, nel “Governo dei migliori” manca la capacità di programmazione e gestione da “paese normale”.
E allora si scopre che questo è il solito Governo di tecnici improvvisati, espressione di una politica ancora una volta con la minuscola, a servizio solo di se stessa e dei suoi interessi che, essendo incapace di fare il necessario, adesso si produce in corse affannose per l’approvazione di una legge per dare la cittadinanza ai minori stranieri dopo un solo ciclo di studi: idea giusta se fatta bene (ad esempio rendendo necessario aver portato a termine con pieno successo un percorso scolastico di almeno 10 anni), ma tempi per lo meno sbagliati e, quindi, effettivamente un diversivo volto a nascondere le incapacità emerse, fomentando le beghe tra partiti ridicoli, impegnati a piantare “bandierine” per raccattare qualche voto in vista delle prossime elezioni di primavera.
Nel frattempo i veri problemi della scuola restano ancora una volta irrisolti…
Massimo Pernice
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