Non è isolato l’impegno preso dalla ministra Lucia Azzolina per fare rientrare il prima possibile in classe gli alunni oggi in DaD, seppure in modo graduale: a pensarla alla stesso modo, sostenendo che i rischi di contagio Convid-19 risultano più bassi in classe che fuori, sono diversi autorevoli addetti ai lavori. A partire da Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico: intervenendo a Porta a Porta ha detto che “il rischio all’interno della scuola oggi è sicuramente inferiore che all’esterno”.
Secondo Miozzo “è molto più alta la possibilità per i ragazzi passando la mattinata in un centro commerciale, al di fuori di un bar, in un’aggregazione non controllata oppure in una didattica a distanza in cui si riuniscono in 4, 5 o 6 nella stessa casa, senza alcun controllo, senza alcuna mediazione che invece l’insegnante ti impone”.
Il coordinatore del Cts è convinto che “nell’orario di scuola devi avere la mascherina che è garantita per tutti: sei obbligato a sanificarti e a mantenere le distanze”. Tutte pratiche che i minori altrove potrebbero non praticare, qualora non controllati.
Anche i pediatri si dicono dello stesso avviso e amareggiati: bisognava agire su “servizi di trasporto e monitoraggio”, non con la DaD. A partire da Rino Agostiniani, vicepresidente della Società Italiana di Pediatria: “Le scuole non solo vanno riaperte, ma non andavano nemmeno chiuse”, ha detto a ScuolaZoo parlando delle conseguenze psico-fisiche della didattica a distanza.
Secondo Agostiniani, “la decisione di alcune Regioni di chiudere anche le elementari è demagogica. Non c’è correlazione tra apertura delle scuole e aumento dei contagi: solo il 5% dei focolai si è sviluppato all’interno degli istituti”. Mentre “sappiamo che la perdita di periodi formativi in presenza lascia dei segni e dei danni relazionali e a livello cognitivo, soprattutto nei bambini più piccoli”.
Tra gli effetti negativi della didattica a distanza, il vicepresidente elenca la minor capacità di attenzione e una minor capacità di formarsi e apprendere, oltre al peggioramento delle abitudini alimentari, difficoltà con il sonno, la perdita di attività importanti in adolescenza come quelle fisiche e sportive.
C’è poi ‘l’effetto capanna’, che rischia di essere deleterio per gli studenti più fragili. “Avere paura è normale, anzi è corretto. Tuttavia, bisogna capire anche quali sono gli strumenti per governare questa paura. E chi non ci riesce, rischia di rinchiudersi in casa e non voler più uscire”.
Anche la dipendenza da device preoccupa. “Il problema esiste già da tempo, è ovvio che con la didattica online le ore davanti al pc aumentano. Per questo è importante diffondere delle linee guida per crearsi una routine che preveda di staccarsi dallo schermo e fare altre attività”.
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