Quando si parla di contagi, la scuola è un luogo sicuro oppure va collocata tra le istituzioni pubbliche frequentate da un alto numero di persone e quindi rischio? Il dubbio rimane. Tanto è vero che in questi giorni nelle zone dove si registra un alto numero di contagi si è arrivati a chiuderle tutte, anche quelle dell’infanzia e primarie. Ora, però, da uno studio pubblicato dal Corriere della Sera on line che incrocia le cifre della Protezione Civile, del ministero e delle Aziende sanitarie risulterebbe che non c’è una correlazione significativa tra contagi e scuola in presenza.
Come abbiamo già avuto modo di scrivere, lo studio – che tiene conto di analisi di epidemiologi, medici, biologi e statistici – analizza dati del Miur e li incrocia con quelli delle Ats e della Protezione civile coprendo un campione pari al 97% delle scuole: più di 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti.
Dal rapporto emerge che il rischio contagio è ridotto della metà nei ragazzi rispetto agli adulti e il risultato rimane sostanzialmente immutato anche con la variante inglese.
Dallo studio emerge che la chiusura totale o parziale delle scuole, ad esempio in Lombardia e Campania, non influisce minimamente sugli indici Kd e Rt.
E il ruolo degli studenti nella trasmissione del coronavirus è marginale: i giovani contagiano il 50% in meno rispetto agli adulti, veri responsabili della crescita sproporzionata della curva pandemica.
E questo si conferma anche con la variante inglese, emerge dalla ricerca pubblicata sul Corsera on line.
In pratica, i focolai da Sars-Cov 2 in classe sono molto rari (sotto il 7% di tutte le scuole) e la frequenza nella trasmissione da ragazzo a docente è statisticamente poco rilevante.
È quattro volte più frequente che gli insegnanti si contagino tra loro, magari in sala professori. Oppure in qualunque ufficio
Nel dettaglio, analizzando i tassi di contagio della popolazione per fasce d’età a partire dai mesi autunnali, l’incidenza di positivi tra gli studenti è inferiore di circa il 40% per le elementari e medie e del 9% per le superiori rispetto a quella della popolazione generale.
È anche indicativo che a fronte di un elevato numero di test effettuati ogni settimana negli istituti, meno dell’1% dei tamponi sono risultati positivi.
Come è anche significativo che alla riapertura delle scuole non è corrisposta una crescita della curva pandemica: i contagi salgono per le classi di età 20-59 anni e solo dopo due o tre settimane tra gli adolescenti.
“Questa mastodontica ricerca, numeri alla mano, “scagiona” la scuola rispetto all’impennata di contagi di ottobre e novembre e conferma quanto abbiamo sostenuto per mesi: la scuola non è a rischio zero ma resta uno dei luoghi più sicuri. Anche rispetto alla variante inglese”, ha subito commentato l’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina.
La grillina ora si augura “che almeno dopo Pasqua non ci siano dubbi sulla riapertura delle scuole. Se pensiamo alle conseguenze anche psicologiche che stanno pagando studenti e studentesse, la ricerca citata in questo articolo ci conferma una cosa: chiudere è più rischioso che aprire”.
L’ex ministra ha anche commentato un tweet
in cui la leader di Fdi Giorgia Meloni ha detto che “lo studio di un gruppo di epidemiologi, medici, biologi e statistici dimostra che la scuola è uno dei luoghi più sicuri rispetto alle possibilità di contagio. Il Governo ha il dovere di agire convocando i ricercatori per approfondire e trovare soluzioni”.
“Giorgia Meloni, a sua insaputa, sta confermando che abbiamo fatto un gran lavoro per rendere le scuole italiane sicure – ha detto l’on. Lucia Azzolina – Ora fa comodo sostenerlo, ma le battaglie se sono giuste si fanno a prescindere dalle convenienze”.
Pure il deputato del M5S Luigi Gallo, ex presidente della VII commissione della Camera, ha tenuto a commentare lo studio scientifico secondo il quale lo stare in classe non innalzerebbe la curva dei contagi.
“Smettiamo di far pagare ai ragazzi e agli studenti il prezzo di questa pandemia, i dati dicono altro. Garantire il voto ai 16enni finalmente permetterebbe alla politica di fare i conti con le scelte sul futuro che devono smettere di sapere di vecchio e di muffa”, ha dichiarato Gallo.
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