In Italia i casi di Coronavirus tornano salire: dopo le riduzioni dei giorni scorsi, i contagi sono tornati a superare quota 37 mila, a fronte di oltre 238 mila tamponi, con il rapporto positivi/tamponi che sale 15,6. Continuano a preoccupare i decessi: si contano purtroppo ben 699 morti, sempre in sole ventiquattr’ore.
In queste condizioni, con un numero crescente di regioni in zona rossa e arancione, e alcuni governatori che, contro il volere del ministero dell’Istruzione, impongono regimi scolastici sempre più in DaD, quella delle lezioni sempre più a distanza appare una condizione inevitabile. Soprattutto laddove i mezzi di trasporto continuano ad essere pieni e i distanziamenti fisici tra gli studenti sono troppo ravvicinati. Eppure, vi sono diversi cittadini che continuano a protestare contro la sospensione della didattica in presenza.
Dopo la decisione nei giorni scorsi di due ragazze 12enni di Torino di svolgere la DaD davanti la loro scuola, dove presidi e docenti hanno preso posizione contro l’iniziativa, il 20 novembre altri studenti hanno protestato fuori il portone del loro istituto per la chiusura per via del Covid: davanti ad alcune scuole gli studenti di ‘School for future’ sono tornati a fare didattica a distanza per chiedere di tornare in aula.
A Milano i ragazzi si sono trovati davanti alla Scuola media Massa e davanti al Liceo Severi, a Padova al Liceo Curiel, a Roma al Liceo Visconti; a Firenze dinnanzi alla scuola media Dino Compagni, a Torino al Liceo Gioberti (lo stesso istituto limitrofo alla scuola media dove due ragazze hanno avviato per prime la contestazione svolgendo la DaD da fuori scuola e dove la preside ha pubblicato una circolare anche per proibire questo genere di proteste).
Ma è accaduto anche a Brescia, davanti al liceo scientifico Calini, con i quattro rappresentanti d’istituto che hanno svolto le lezioni fuori da scuola, al loro banco e con il computer connesso per seguire la lezione online.
“Vogliamo tornare in classe, basta didattica a distanza” hanno detto i quattro studenti. E in questa occasione hanno riscosso il consenso del loro dirigente scolastico.
Una forma di protesta, però, è giunta probabilmente anche da un gruppo di docenti appena usciti dalla quarantena: ad Aosta ben 21 maestri su 27 della scuola primaria San Francesco non si sono presentati allo screening per il Covid-19 ed in assenza di riscontri sul loro stato di salute l’istituto non ha potuto riaprire agli alunni.
Il 19 novembre erano stati programmati i tamponi drive in per docenti e alunni: la negatività al Covid19, se accertata, avrebbe consentito la ripresa dell’attività didattica in presenza da subito.
Le lezioni ripartiranno in ogni caso martedì 23 novembre, anche senza in tamponi, con l’esaurimento della quarantena.
Intanto, in Basilicata – zona arancione dallo scorso 11 novembre – alcune famiglie di genitori di bambini della scuola dell’obbligo di Matera si sono poste contro l’ordinanza del presidente della Regione, Vito Bardi, che ha reso obbligatoria la Dad in tutte le scuole lucane dal 17 novembre al 3 dicembre.
Il Tar lucano ha disposto l’acquisizione di ”incombenti istruttori” entro le ore 12 di lunedì prossimo, 23 novembre.
La documentazione da acquisire – è scritto nel provvedimento a firma del presidente del Tar lucano, Fabio Donadono – riguarda gli atti e documenti in base ai quali è stata emanata l’ordinanza impugnata, compresa l’eventuale nota inviata dal presidente della Regione all’Ufficio scolastico regionale ed i pareri preordinati all’emanazione della stessa ordinanza.
Il Tar, inoltre, ha chiesto ”una dettagliata relazione di chiarimenti, corredata da documentazione, sulle specifiche situazioni locali del sistema scolastico che imporrebbero nella regione una differenziazione, ulteriormente restrittiva, delle modalità di svolgimento della didattica rispetto al regime applicato a livello nazionale”.
Chiarimenti, infine, sono stati richiesti “sulle effettive capacità funzionali e operative delle istituzioni scolastiche in Basilicata, all’impiego degli strumenti della didattica a distanza nella scuola primaria e secondaria di primo grado, sotto il profilo organizzativo, delle risorse umane e delle dotazioni informatiche”.
In pratica, i genitori hanno impugnato l’ordinanza, chiedendone l’annullamento. E ora la Regione ha solo ventiquattr’ore per far vedere le “carte” e dimostrare di aver agito rispettando le norme.
Nel frattempo il sindaco di Messina, Cateno De Luca in un’ordinanza che entrerà in vigore la sera dl 21 novmbre, ha deciso di chiudere per una settimana le scuole: il motivo risiede nei tanti contagi delle ultime settimane e nel divieto di stazionare in tutta la città.
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