Attualità

Covid, possibile la gestione dei casi sospetti nelle scuole attraverso i rapporti sociali? Lo studio The Lancet

Il Covid ancora circola. L’ambiente scolastico, come sappiamo, facilita la diffusione del nemico invisibile per via degli spazi condivisi, gli inesistenti o inapplicabili sistemi di aerazione nei mesi invernali e per via del materiale scrittorio scambiato tra studenti, insegnanti e personale.

Per gestire al meglio tale rischio epidemiologico, gli esecutivi di tutto il globo hanno provveduto ad attivare dei meccanismi di tracciamento basati sulle dichiarazioni dei singoli e sulla burocrazia scolastica: chi sta in classe con chi, chi insegna a chi eccetera.

Tali misure, come suggerisce The Lancetrisultano insufficienti, parziali o discretamente applicabili per via delle molteplici nature dei sistemi scolastici ed universitari che caratterizzano, ad esempio, il solo continente europeo: le classi possono ospitare dai 10 ai 40 studenti, la capienza può variare dal 30 al 100 % in epoca pandemica e le norme di contenimento possono risultare molto differenti da un paese ad un altro. Lo studio proposto fa riferimento a come suddividere e tracciare i casi positivi nelle scuole d’Europa in maniera efficace, innovativa ed alternativa, con riferimento al cohorting e al cohorter. Di cosa si tratta?

Lo studio e le metodologie utilizzate: cohorters cohorting 

Il cohorting, termine di origine anglosassone, indica l’insieme di procedure operative finalizzate alla gestione dei casi COVID-19 sospetti, mentre i cohorters, deduttivamente, sono quegli individui che occorre trattare come potenziali positivi. I sistemi utilizzati in Europa, che abitualmente si rifanno a tracciamenti, fanno solo riferimento alle dichiarazioni degli interessati e ai meccanismi di smistamento per aule: il cohorting, nel caso specifico proposto da The Lancet, si rifà alla decomposizione delle classi numerose all’interno di piccole aule o gruppi originate da queste ultime. Utilizzando dati reali basati su un ampio campione di 12.291 studenti anglosassoni, tedeschi e scandinavi, si è confrontato il sistema casuale di smistamento delle classi con quello network-based relazionati entrambi al rischio epidemiologico derivante dalla diffusione del Sars – CoV -2; il cohorting basato su un network tenta di allocare i contatti extrascolastici al medesimo cohorter per prevenire l’infezione tra gruppi in modo più efficace. Dovrebbe essere considerato esplicitamente di ridurre al minimo i contatti tra cohorters extrascolastici, avvicinando questa strategia di ottimizzazione ricca di informazioni mediante nomine concatenate di contatti e dividendo le classi per genere. È stato inoltre confrontato l’effetto di istruire lecohorters di persona ogni due settimane con l’istruzione quotidiana ma separata.

I risultati eccellenti dell’analisi pubblicata su The Lancet

È risultato evidente che il cohorting riduce la diffusione di SARS-CoV-2 nelle aule. Rispetto a quello d’assetto casuale, le strategie basate sulla rete riducono ulteriormente le infezioni e le quarantene quando le dinamiche di trasmissione sono notevoli. In particolare, il cohorting basato sulla rete inibisce la super diffusione nelle aule. Il cohorting che minimizza esplicitamente i contatti tra i gruppi risulta più efficace, ma anche l’approssimazione basata sulla divisione della classe per genere supera l’assetto casuale. La didattica in presenza erogata, secondo lo studio, ogni due settimane contiene focolai in modo più efficace rispetto all’istruzione quotidiana di persona di entrambi i gruppi. Il cohorting delle classi scolastiche può frenare i focolai di SARS-CoV-2 nel contesto scolastico. Considerare i contatti extrascolastici può ottenere una separazione più efficace dei gruppi. Il cohorting basato sulla rete riduce il rischio di focolai nelle scuole e può prevenire eventi di super diffusione.

Andrea Maggi

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