In occasione del G20 che si sta tenendo a Roma, la Presidente della Commissione Europea Ursula von Der Leyen si è detta assai preoccupata per il decorrere dell’emergenza sanitaria nelle realtà balcaniche orientali appartenenti all’Unione Europea. Le curve che tengono in considerazione l’aumento dei contagi sono in sensibile risalita. Ciò ha un impatto assai negativo sul mondo non solo scolastico, ma anche professionale, produttivo e sanitario. All’interno delle realtà scolastiche ed universitarie sono in attuazione le consuete norme anti-contagio, le quali prevedono il mantenimento della mascherina a protezione delle vie aeree, il distanziamento interpersonale di almeno due metri e la frequente igienizzazione delle mani. A rischio anche il trasporto pubblico locale delle capitali Bucarest e Sofia, fortemente potenziato a seguito dell’emergenza sanitaria; si viaggia con capienza praticamente massima al 50 % sui mezzi di trasporto che accompagnano quotidianamente studenti e lavoratori in sede. Si ipotizza un lockdown per la popolazione non vaccinata nel caso in cui si superino i mille casi positivi su 100.000 abitanti.
L’emergenza sanitaria infinita in Romania e Bulgaria: dati, curve e restrizioni
I Balcani orientali sono attualmente alle prese con la quarta ondata, decisamente più preoccupante ed aggressiva rispetto alle precedenti. Questa si proporziona al tasso di virulenza del virus, al procedimento della campagna vaccinale ed alla messa in campo di disposizioni atte a prevenire il contagio, specie negli ambienti scolastici, universitari e lavorativi. In Romania la media settimanale dei contagi registrati giornalmente è passata dai 64 di metà luglio ai 13.700 registrati la settimana corrente. Tale aumento è stato determinato dalla riapertura delle attività produttive ed industriali, nonché le dei plessi scolastici ed universitari a tempo pieno e senza l’utilizzo della Certificazione Verde COVID-19 a livello interno, salvo alcune realtà particolari.
In Bulgaria il tasso settimanale dei positivi giornalieri è passato dai 65 di metà luglio scorso ai 4.700 di fine ottobre corrente. A differenza della Romania, il paese balcanico ha applicato la Certificazione Verde COVID-19 in materia di turismo e ristorazione, con conseguenti manifestazioni organizzate nella capitale Sofia, nonché da Varna, Burgas e Plovdiv. La campagna vaccinale vede il manifestarsi di numerose resistenze organizzative: sono solo il 30 % i cittadini romeni che hanno completato il ciclo di vaccinazione con doppia dose, mentre tale dato scende al 20 % per la Bulgaria, nonostante l’applicazione del Green Pass a livello interno.
Caos nelle scuole: i sistemi di tracciamento non reggono. Centinaia gli istituti chiusi
Ripiomba l’incubo persistente delle DAD sugli studenti romeni e bulgari. Il sistema di monitoraggio attivo, promosso dai locali Dipartimenti per la salute, non è stato in grado di sottoporre a quarantena tutti positivi al Sars – CoV – 2, rendendo incontrollabile la circolazione del virus anche all’interno delle scuole e degli atenei pubblici e privati. L’utilizzo delle consuete norme anticontagio non pare sufficiente per evitare le tanto temute chiusure nei paesi dei Balcani orientali. Risultano attualmente centinaia di migliaia gli studenti, gli insegnanti e i collaboratori scolastici sottoposti ad isolamento fiduciario per positività accertata mediante tampone antigienico rapido.
Tornano ad affollarsi le terapie intensive: numerosi gli ospedali della regione al collasso. Il tracciamento dei contatti stretti pare non abbia pienamente funzionato per alcuni istituti e plessi scolastici, attualmente chiusi o operanti in regime dirotto di orari e lezioni. Per i plessi regolarmente aperti, vengono rispettate le norme anticontagio e le segnaletiche orizzontali, apposte per evitare assembramenti. Non è attualmente prevista la vaccinazione obbligatoria per il personale scolastico e docente.