Nel giorno del record di contagiati da Covid, quasi 230mila, e del ritorno ad oltre 400 vittime (dato triste che non si riscontrava dallo scorso aprile), si conferma il braccio di ferro tra una parte consistente dei presidi e il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.
Il numero uno di Viale Trastevere, infatti, non arretra di un millimetro sulla posizione: “abbiamo riaperto, è passata una settimana e si sta di fatto realizzando quella cosa unica che è la scuola”, ha detto Bianchi durante una visita in Toscana.
“La riapertura della scuola vuol dire la comunità che si ritrova, per questo abbiamo insistito tanto, e direi con una soddisfazione generale”, ha sottolineato il ministro.
Nel frattempo, però, la didattica va avanti con percentuali piuttosto importanti di alunni e docenti a casa perché contagiati o in quarantena perché contatti stretti. Solo in Emilia-Romagna, riferisce la Regione, risultano 969 classi in quarantena a causa del Covid, con netta prevalenza (ben 340) alla primaria.
Sempre in Emilia Romagna, tra alunni e personale scolastico risultano ben 13.528 persone in quarantena.
I presidi, tramite il numero uno Anp, Antonello Giannelli, sostengono che risultano in didattica a distanza almeno la metà delle classi. E tornano a chiedere “la pubblicazione di dati ufficiali”.
Sempre il ministro Bianchi fa sapere che “il Cts fa un monitoraggio continuo e costante dell’andamento dei casi di Covid e ci comunica che siamo già in una fase di rallentamento”.
Bianchi ribadisce che a Viale Trastevere si sta “tenendo sotto controllo la situazione e i ragazzi sono molto più controllati a scuola che fuori e l’ampliamento dei casi lo abbiamo avuto quando la scuola era chiusa. La scuola è un presidio di sicurezza”, conclude il ministro.
Non mancano, tuttavia, le lamentele per la gestione del Covid a scuola, diventata davvero complessa con le disposizioni approvate il 5 gennaio dal Governo e introdotte qualche giorno dopo in Gazzetta Ufficiale.
“È urgente che si rivedano i protocolli sulle quarantene a scuola: ci sono troppe norme e troppo confuse. Condivido e faccio mio in questo senso l’appello dei dirigenti scolastici (2.400 su quasi 8mila ndr) che hanno la responsabilità di farle rispettare”, ha dichiarato l’ex ministra Lucia Azzolina durante la trasmissione Agorà su Rai Tre.
“È sbagliato dire che tutto va bene, la scuola è aperta ma in grande sofferenza”: il riferimento è anche alla DaD cui sono costretti alcuni alunni (in media 20%) di ogni classe. Ma anche all’alto numero di docenti, anche questo attorno al 20%, costretti a casa dal Covid o dall’essere considerati “contatti stretti”: una circostanza che, spesso, riduce, anche di molto, l’orario delle lezioni quotidiane.
“Già nei prossimi giorni – ha concluso Azzolina – come Movimento 5 Stelle torneremo a chiedere al ministro Bianchi, che sarà audito in commissione cultura, istruzione e scienza alla Camera, una serie di cambiamenti che possano semplificare il quadro e andare così incontro a scuole e famiglie”. Cambiamenti, del resto, che ha annunciato, se necessari, anche lo stesso ministro dell’Istruzione.
A complicare la situazione, ci sono poi le decisioni di alcuni sindaci, che stoppano la didattica in presenza, pur non essendo la loro città collocata in zona rossa. Con le risposte dei Tar. E le contro-risposte dei primi cittadini. Ma anche delle singole scuole.
Ci scrive un genitore preoccupato, perché il figlio, che frequenta l’istituto paritario Sacro Cuore di Siracusa, segue le lezioni da casa, poiché “è stata prolungata la Dad pur dopo il decreto del TAR Catania che ha disposto il ritorno della didattica in presenza”.
Nel frattempo, sembra che alla fine la ferma volontà del Governo di far tornare gli alunni a scuola dal 7 gennaio non è stata ben considerata dalla maggior parte degli italiani: da un sondaggio Swg risulta che solo il 39% si dice d’accordo.
Ben il 46% degli italiani avrebbero preferito la didattica a distanza per le scuole superiori e molti di questi anche per le scuole degli altri gradi.
Poi, c’è anche il 25% dei genitori per i quali il disagio dovuto alla chiusura delle scuole in presenza sarebbe notevole, non tanto per problematiche legate alla disponibilità di strumenti tecnologici, ma soprattutto a causa dello scarso rendimento scolastico dei ragazzi quando seguono le lezioni da casa.
Dal sondaggio è emersa anche la carenza del personale, dovuta sia ai contagi che alle defezioni conseguenti al requisito del Green pass rafforzato.
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