Il rientro a scuola dopo alcuni giorni di assenza diventa di nuovo soggetto alla consegna del certificato medico che attesta la non presenza dello stato di malattia. Ma vale solo per poco più di 700 mila alunni. Fermo restando che rimane per tutti la regola di comunicare in anticipo la scuola in caso di un’assenza legata a motivi non attinenti alla propria salute, ricordiamo che solamente la giunta regionale Lazio in questi giorni ha nuovamente previsto l’obbligo, cancellato qualche anno fa, di presentare la certificazione medica.
Nella regione guidata da Nicola Zingaretti, in particolare dopo un’assenza superiore ai 3 giorni si è stabilito che servirà il certificato medico per rientrare nelle scuole dell’infanzia; per la scuola dell’obbligo e la scuola secondaria di secondo grado, il certificato dovrà essere consegnato al ritorno a scuola qualora ci si assenti per oltre 5 giorni.
Nel caso invece di studente con infezione da Covid accertata, sarà il Sistema di sanità pubblica ad attestare l’avvenuta guarigione per la riammissione a scuola, come confermato dal ministro della Salute Roberto Speranza alcuni giorni fa.
In Veneto, Liguria e Piemonte si è stabilito che è sufficiente l’autocertificazione dei genitori che però presuppone il via libera del pediatra.
In Emilia Romagna, invece, il certificato medico per il rientro a scuola dalla malattia non è proprio contemplato. A meno che non si tratti di patologie legate in qualche modo al Coronavirus: in tal caso, sarà il pediatra o il medico di famiglia a valutare se richiedere l’esecuzione del tampone diagnostico.
I dirigenti scolastici iscritti si però dicono d’accordo con quelle giunte regionali che hanno optato, in tempo di Covid-19, nella reintroduzione del certificato medico dopo l’assenza per malattia.
Il presidente Anp, Antonello Giannelli, a colloquio con l’Ansa, reclama “chiarezza: la riammissione a scuola, ad oggi, diversamente da come avveniva in passato, avviene senza certificati medici. Se uno studente si assenta e la scuola non sa il perché (ovvero non rientra nei casi Covid) potrebbe avere anche il virus ma se nessun medico lo ha visitato saremmo di fronte a una riammissione non ottimale”.
“Allora bisognerebbe reintrodurre un obbligo di certificazione al rientro. Almeno sopra i tre giorni di malattia”, conclude Giannelli.
Una posizione molto simile è quella di Roberta Fanfarillo, che coordina i dirigenti scolastici della Flc-Cgil, secondo la quale “per le scuole sarebbe utile avere il certificato per il ritorno in classe”, perché “rappresenta la certezza della guarigione dell’allievo”.
“Soprattutto, abbiamo bisogno di indicazioni certe, non contraddittorie”, conclude Fanfarillo.
l problema, tuttavia, non è di così facile soluzione. Perché il medico di base che rilascia la certificazione medica di riammissione in classe, qualora l’alunno dovesse avere avuto della febbre, qualche colpo di tosse o difficoltà respiratoria o avesse avvertito spossatezza, potrebbe allora pretendere anche l’esito di un test del tampone che attesti la negatività al Covid-19.
Ed in tal caso, se il medico chiede il tempone, l’alunno sarebbe costretto ad attendere qualche altro giorni (probabilmente un paio), prima di tornare in classe. Sperando che non risulti positivo.
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