Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, intervistato su La Stampa e incalzato sul tema del tracciamento in classe e dei tamponi, difende l’operato della ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina: “Non mi sento di fare critiche a chi c’era prima. Ne stiamo discutendo con il Ministero della Salute. Certamente servono attività di tracciamento e tamponi, sono necessarie unità mobili a livello territoriale che possano monitorare la situazione al meglio”.
Insomma evidentemente la scuola del Covid è più complessa di come sembri chi non ha responsabilità decisionali, e una volta che si è ministri dell’Istruzione, le soluzioni ai problemi non appaiono più tanto a portata di mano. Anche il documento della task force guidata proprio da Patrizio Bianchi durante il mandato di Lucia Azzolina pare non essere immediatamente spendibile. Gli intenti delle scuole aperte, che erano nel documento reso pubblico solo il 13 febbraio 2021, di fatto col Dpcm del 2 marzo 2021 sono sconfessati.
A La Stampa il ministro Bianchi argomenta: “Ci siamo trovati di fronte a un rapidissimo cambiamento della situazione epidemiologica. La variante inglese ha modificato radicalmente il quadro precedente: colpisce anche i ragazzi e non solo quelli tra i 10 e i 19 anni, ma anche i più piccoli. Abbiamo chiesto un parametro chiaro. Il Cts ce lo ha dato: 250 casi ogni 100 mila abitanti. Abbiamo fatto delle scelte. La scuola sarà a distanza in situazioni eccezionali e comunque nelle aree in cui servono forti restrizioni legate all’andamento dell’epidemia. Dobbiamo tutelare la salute pubblica, in particolare quella dei nostri bambini, e preservare la piena funzionalità del sistema sanitario.”
Il tema della riapertura delle scuole il ministro lo affronta anche nel suo volume Nello specchio della scuola, in cui mostra di avere chiaro il da farsi: “Bisogna sfuggire alla facile tentazione di considerare gli spazi aggiuntivi al di fuori della scuola come sua dépendance: essi devono invece essere considerati un’opportunità per esplorare il mondo attorno alla scuola. Così la riduzione del numero degli allievi in classe, ancorché motivato dal distanziamento, deve essere occasione per superare la classe come unità amministrativa e recuperare quel dialogo personalizzato che l’allievo deve avere con l’adulto di riferimento, ricercando e potenziando tutte quelle attività che alle competenze aggiungono un carattere di ritrovata socialità.”
E spiega le attività che più di altre potrebbero diventare centrali nello sviluppo di competenze sociali: “Il computer in quanto principale mezzo di socializzazione dei millennials e il coding, cioè la programmazione informatica come modo per imparare la logica rivolta a risolvere i problemi complessi ed esplorazione anche giocosa della logica computazionale; l’arte e la musica come strumenti di creatività e aggregazione; la scoperta della vita collettiva della propria comunità e le regole dell’educazione civica, che in una parola possiamo definire polis; lo sport come recupero del proprio corpo.”
Il ministro definisce questi nuovi ambiti dell’azione collettiva con l’acronimo CAMPUS (Computer/Coding, Arte, Musica, Polis, Sport), “a sottolineare come la nuova scuola debba essere un campo in cui allenarsi insieme a una vita in cui l’obiettivo fondamentale sia costruire comunità solidali e coese.”
Attendiamo che nel corso del suo mandato il ministro implementi queste e anche altre idee, più volte espresse nei suoi scritti.
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