Come cambia il metodo dell’apprendimento cooperativo nella scuola del Covid? Fare scuola al tempo del “Coronavirus” non è facile per nessuno. Non lo è certamente per gli alunni e non lo è per gli insegnanti. Uno degli aspetti da affrontare è la difficoltà di programmazione del lavoro, alle prese, come si è, con periodi (fortunati) di lezioni in presenza e periodi sincopati di lezione distanza, causa provvedimenti normativi nazionali, regionali o comunali o quarantene locali relative a singole scuole o a singoli gruppi di alunni. (VAI AL CORSO)
Cambiamenti che riguardano la variabile del set di apprendimento combinata con quella degli “attori” di quel set: tutti in classe, docenti e alunni; docenti a scuola e l’intera classe degli alunni a casa; tutti a casa, docenti e alunni; docenti in classe e parte degli alunni a casa, con didattica “mista” dell’insegnante, che utilizza così, con equilibrismi degni di nota, due canali di comunicazione contemporaneamente: la comunicazione diretta, attraverso la prossimità fisica e spaziale, e quella mediata tecnologicamente, attraverso schermi di computer e piattaforme di condivisione di materiali.
C’è però un problema aggiuntivo nella scuola che lavora in piena crisi pandemica: le attività per coppie d’aiuto (attraverso forme di peer tutoring) e le più articolate attività di cooperative learning con gruppi eterogenei formati da tre o quattro alunni che lavorano secondo i canoni dell’interdipendenza reciproca (tutti dipendono da tutti), vanno ripensate totalmente in tempi di distanziamento fisico. Questo rischia di compromettere la possibilità di utilizzo efficace di quella fondamentale risorsa che sono gli alunni stessi all’interno della classe, in particolare, a vantaggio degli studenti più deboli sul piano degli apprendimenti.
Attraverso le attività strutturate di gruppo, insieme a tanti altri vantaggi didattico-educativi, si attivano infatti tante situazioni spontanee di microindividualizzazione del processo di apprendimento, consentite proprio dal contatto fra i pari. In gruppo, i problemi emergono, i ragazzi più in difficoltà hanno meno paura di comunicare dubbi e lacune; ci si scambia informazioni e si danno e ricevono chiarimenti; ci si contamina con i rispettivi metodi; si impara come superare certe difficoltà; ci si interroga reciprocamente per verificare quanto si sa e quanto va invece appreso meglio.
Questo patrimonio di microdidattica fra pari, informale e a basso tasso di emotività negativa, col distanziamento è molto più difficile da attivare. Un vincolo di contesto che rischia di diventare una vera e propria barriera per tanti alunni e studenti. Una barriera capace di aumentare i problemi che già la DAD determina, soprattutto per gli alunni con minori risorse economiche e socioculturali, spesso di fatto quanto meno rallentati (se non tagliati fuori) nel loro percorso di apprendimento, dalla scarsa disponibilità personale o familiare di dispositivi tecnologici e di connessione internet veloce per lo studio.
Dipartimenti disciplinari e Consigli di classe possono però individuare buone pratiche per uno scambio di insegnamenti e materiali fra gli alunni, attraverso la condivisione di risorse sulle piattaforme, tanto per cominciare, durante il pomeriggio. Nulla vieta di proporre nelle classi l’attivazione di gruppi di supporto on line di 2 o 3 alunni, in cui l’alunno più indietro sul piano delle competenze possa trovare risposta a dei dubbi specifici su un argomento di studio attraverso i compagni o ricevere da loro materiali di sintesi che gli offrano una visione di insieme che non aveva ancora acquisito.
E nulla vieta al docente perfino di valorizzare e valutare questi materiali messi a disposizione degli alunni più in difficoltà da parte degli altri alunni. Del resto, spiegare ad un alunno uno o più concetti che questi non ha capito è molto più difficile (e denota quindi il possesso di effettive competenze comunicative e perfino “didattiche”) che non ripetere all’insegnante quegli stessi concetti in fase di verifica. Perché dunque non valutare questi apporti, valorizzandoli sia sul piano degli apprendimenti culturali che su quello delle competenze sociali e civiche?
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