Da 717.202 dello scorso anno scolastico agli attuali 702.507, questo il dato complessivo del calo di iscritti nelle scuole siciliane di ogni ordine e grado, secondo i dati ministeriali, allarme lanciato dalla Cigl Sicilia.
Complessivamente 14.695 unità in meno, di cui 2.852 nella scuola dell’infanzia, 5.005 nella scuola primaria, 3.485 nella secondaria di I grado e 3.352 in quella di secondo grado, dove, per cali di iscrizioni, spiccano i professionali, che perdono 2.418 iscritti; e a seguire i tecnici con 1,246 iscritti in meno. In controtendenza i licei, con 312 alunni in più rispetto allo scorso anno scolastico.
Come si spiega una differenza tanto drammatica tra un anno scolastico e l’altro, da far parlare il sindacato di “emorragia” di iscritti?
Scrivono in una nota i segretari generali della Cgil e della Flc della Sicilia, Alfio Mannino e Adriano Rizza: “Il calo negli istituti tecnici e professionali ci dice che stanno abbandonando studenti che non possono permettersi più di andare a scuola e che in altre situazioni avrebbero scelto quei percorsi formativi per trovare sbocchi lavorativi a essi legati.” Mentre negli altri ordini “a influire sono certamente il calo della natalità, ma anche l’emigrazione di giovani che scelgono di vivere e di mettere su famiglia altrove”.
Alla base, in ogni caso, un disagio economico-sociale alle volte causato e alle volte aggravato dalla pandemia, che vessa pesantemente i nuclei familiari dell’isola, con l’effetto finale dello svuotamento delle scuole. Ecco perché meno classi e meno alunni, secondo i due esponenti sindacali. Il Covid come causa indiretta, dunque; il disagio economico-sociale come causa diretta.
Che ne è dei docenti in questo quadro? Una riduzione del numero di alunni e delle classi potrebbe fare pensare a una riduzione parallela dell’organico, ma d’altra parte l’esigenza di sdoppiare le classi o comunque di ridurne l’affollamento, chiama più docenti (da cui l’organico Covid di cui abbiamo parlato più volte) e dunque è anche possibile che l’organico insegnanti non risenta del calo di alunni. In questa direzione sembra andare, in effetti, la scelta del Ministero, che ad oggi ha confermato i dati dell’organico del 2019 anche per l’anno scolastico 2020/2021.
Cosa può fare la scuola in questo panorama?
“In una società sempre più complessa, la sfida è l’innovazione educativa,” affermano Mannino e Rizza, con un occhio particolarmente attento alle aree tradizionalmente carenti ma cruciali: la matematica, le scienze, la lingua, che necessitano di nuovi strumenti e nuove strategie.
La questione del Mezzogiorno in Italia è tutt’altro che superata, insomma, e la scuola pare rappresentarne in questo momento il nervo scoperto.
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