La comparsa sul tavolo pandemico delle nuove e sempre più virulente varianti del nemico invisibile mettono – in via teorica e retorica – in difficoltà l’idea di un’apertura prossima normale e senza limitazioni. Per quanto ci risulta anche dalla documentazione OMS, vi sono numerosi elementi che fanno pensare ad un’ondata autunnale corrispondente all’iter oramai consueto con cui ci si è confrontati durante lo scorso biennio.
Mascherine, distanziamento interpersonale, aeratori, strategie di cohorting risultano gli strumenti maggiormente utilizzati per il contrasto alla diffusione del virus, proporzionato, specie in realtà federali come gli USA, ad un apporto di norme locali che, in sommi capi, creano enorme confusione entrando in conflitto con quelle complessive, causando anche aspri dissidi politici, tradotti in ulteriore smarrimento da parte del coro docenti, in attesa di direttive chiare. Il rientro, almeno negli USA, appare “normale” rispetto a ciò che ci si attendeva sino a due settimane fa.
Ogni stato, nonostante le accortezze a cui fanno riferimento le norme di fine luglio, fa da sé, restando comunque fermo nell’invito alla vaccinazione del personale scolastico e dei docenti al fine di prevenire pericolose impennate nella prossima stagione autunnale.
Molti distretti scolastici negli Stati Uniti hanno revocato i mandati legati all’obbligo di mascherina in aula, i requisiti per i vaccini e altre misure COVID. Le aule nel 2022 vestiranno un abito più pre-pandemico che in qualsiasi momento degli ultimi due anni, anche se varianti più contagiose continuano a circolare in tutto il paese.
Per tale motivazione, le scuole sono divenute teatri di scontro politico circa la relativa chiusura, utilizzo della DAD o apertura incondizionata in caso di un tasso eccessivo di contagi. Alcuni educatori hanno reso noto che le scuole stanno anche risentendo delle ricadute dell’intensa attenzione politica. Durante la pandemia, le riunioni del consiglio scolastico sono diventate campi di battaglia per discutere sull’opportunità di aprire o chiudere le scuole, mascherine o non mascherine, spesso cadendo lungo le linee del partito.
“Gli studenti hanno subito enormi interruzioni e traumi durante la pandemia e la salute mentale continua a essere un grosso problema. Molti distretti scolastici hanno assunto consulenti extra con i loro soldi federali”, ha reso noto una docente ai microfoni del New York Times. Costei ha inoltre aggiunto che “la maggior parte degli studenti tornerebbe ad apprendere a un ritmo normale. Ma il danno delle chiusure è stato notevole. Questo è il caso per gli studenti di tutte le provenienze. Ma sappiamo anche che le interruzioni della pandemia non sono state condivise equamente e che l’apprendimento a distanza ha ampliato le disparità esistenti nell’istruzione.”
Il passaggio ad una fase sempre più post-pandemica risulta visibilmente immediato per via dell’assenza quasi totale di misure di contenimento del nemico invisibile nelle scuole italiane per il prossimo anno scolastico. Le mascherine, infinitamente polemizzate durante i mesi scorsi, non risulterebbero più obbligatorie, così come il distanziamento interpersonale che ovvierebbe – o limiterebbe in maniera massiva – il contagio.
Nessun intervento sugli aeratori, gli ingiustificati assenti in un paese che ha sofferto molto la crisi sanitaria da cui cerca di uscire, imbrigliato da paura e nutrito da una facoltosa speranza. Nessuna strategia di cohorting adottata per evitare fenomeni ridicoli come classi pollaio, pochi interventi tecnici ed infrastrutturali su edifici al fine di installare impianti non solo di aerazione, ma anche di ozonizzazione come già avviene in alcune realtà europee. Ci si auspica, così come reso noto dalle parti politiche che ora sono immerse in una calda ed estiva campagna elettorale che torna a far parlare di scuola, che il rialzo della curva pandemica non riporti le scuole ad una forzata – e tragica – chiusura autunnale.
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