L’innalzamento dei casi di Coronavirus sta facendo crescere l’esigenza di porre delle contromisure. Come quella di ridurre sei mesi la copertura vaccinale. A chiederlo è stata la Fondazione Gimbe, sostenendo che bisogna “ridurre a 6 mesi la validità del green pass rilasciato a seguito di vaccinazione, in linea con le evidenze scientifiche sulla durata della protezione vaccinale e con le indicazioni per la dose di richiamo”. A caldeggiare questa soluzione è ora anche l’Università di Verona, che ha condotto uno studio sul vaccino prodotto da Pfizer, il più largamente utilizzato contro il Covid-19, perché dopo sei mesi dall’ultima vaccinazione gli anticorpi prodotti dalla sostanza “inesorabilmente calano e quindi una terza dose è necessaria per tutti”.
La raccomandazione emerge dallo studio appena pubblicato sulla rivista Clinical Chemistry and Laboratory Medicine e condotto da Gian Luca Salvagno, dell’Università di Verona, nella clinica Pederzoli di Peschiera del Garda e coordinato da Giuseppe Lippi, presidente della scuola di Medicina e chirurgia dell’ateneo.
Dallo studio epidemiologico, sostengono gli autori dell’ateneo scaligero, emerge la necessità di generalizzare la somministrazione della terza dose di vaccino anti-Covid – la cosiddetta “dose booster” – a tutta la popolazione.
La ricerca ha coinvolto 86 individui negativi al Covid di età media 45 anni, sottoposti a vaccinazione con Pfizer/BioNTech BNT162b2: i partecipanti sono stati sottoposti a diversi prelievi di sangue prima e dopo ogni dose di vaccino e poi ancora a uno, tre e sei mesi dal vaccino completo.
È emerso che il picco di anticorpi si raggiunge un mese dopo la seconda dose, dopo di che la concentrazione anticorpale inesorabilmente declina.
Il calo a sei mesi è dell’85% e del 93% rispettivamente per i due diversi anticorpi considerati. Secondo i ricercatori, “tutti i soggetti vaccinati vanno incontro a una fisiologica riduzione dei livelli di anticorpi anti-Sars-CoV-2 a sei mesi dall’ultima dose somministrata del vaccino. In molti di essi, soprattutto (ma non soltanto) i più anziani, si è osservato un calo così accentuato da ridurre considerevolmente l’efficienza della risposta anticorpale al virus”.
I risultati di questo studio, non solo contribuiscono a giustificare dal punto di vista biologico l’importante aumento dei contagi, e in parte anche dei ricoveri, che si sta osservando nelle ultime settimane, ma rafforza anche la convinzione che sia indispensabile provvedere rapidamente alla somministrazione di dosi aggiuntive di vaccino a tutta la popolazione che ha già completato un ciclo standard di vaccinazione.
Ma cosa accadrebbe per quasi un milione e mezzo di lavoratori della scuola – tra docenti, Ata e dirigenti scolastici – se il dimezzamento dell’efficacia del vaccino si dovesse tradurre in una riduzione sensibile della validità del Green pass: semplicemente, che una fetta consistente di dipendenti scolastici sarebbe caldamente invitata a fare la terza dose di vaccino già nei prossimi giorni o comunque entro i primi di gennaio prossimo.
Questo perché la stragrande maggioranza degli insegnanti italiani, come pure degli assistenti amministrativi, tecnici e ausiliari (ben oltre l’80% dell’organico complessivo, quindi più di un milione di dipendenti), ha terminato il ciclo vaccinale tra i mesi di maggio e luglio scorso. I sei mesi di efficacia, quindi, sono prossimi alla scadenza.
Ora, è vero che in prevalenza al personale scolastico è stato somministrato il vaccino AstraZeneca, ma difficilmente la scienza andrà a distinguere gli effetti dei vaccini a seconda della tipologia di casa produttrice.
Gli unici ad essere esentati dalla raccomandazione di somministrare in fretta la terza dose potrebbero essere solo coloro che hanno preso il Covid: ai contagiati, infatti, l’effetto degli anticorpi potrebbe decrescere con modalità più lenta.
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