Torna salire il numero di casi di contagi da Covid-19. In attesa di verificare gli effetti delle restrizioni attuate nella Regione Basilicata, nell’Abruzzo e nella Campania, con la Val d’Aosta che si prepara ad una ulteriore stretta, nelle ultime ventiquattr’ore abbiamo assistito ad un nuovo incremento di casi (la cui riduzione era legata quindi principalmente al basso numero di tamponi effettuati): sono stati infatti riscontrati oltre 32 mila nuovi contagi e purtroppo ben 731 decessi, mai così tanti dall’inizio dello scorso mese di aprile.
Non sembra comunque particolarmente preoccupato Gianni Rezza, direttore del Dipartimento di malattie infettive dell’Iss, da qualche giorno stiamo assistendo ad “una sorta di stabilizzazione del numero di test positivi giornalieri, forse con leggera flessione. Abbiamo – ha detto Rezza – un quadro stabile con una lieve diminuzione dei positivi, ma con indicatori sui ricoveri e i decessi che non sono buoni e che rappresentano la conseguenza dei casi cumulatisi in queste settimane. Al momento, comunque, non c’è una crescita dell”epidemia, ma forse una leggera diminuzione “.
Il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, si è soffermato sulla scuola facendo intendere che la scuola non è un terreno “franco” per combattere il Covid-19: “è un tema che sta a cuore a tutto il Paese perché è uno degli elementi importanti della nostra società”.
“C’è un monitoraggio – ha continuato il presidente dell’Iss – che ha sviluppato il ministero dell’Istruzione mirato ad individuare eventuali focolai o presenza di casi nel mondo scolastico. In realtà s’è valutato come la diffusione nelle scuole sia sovrapponibile a quella delle altre fasce del paese. Quindi la scuola è tema fortemente monitorato”.
Intanto, sulla base di un sondaggio di Skuola.net circa l’80% dei 3 mila studenti interpellati pensano che il virus avrà ripercussioni negative sul loro futuro. Ed in alto numero, 7 su 10, si lamentano per la gestione della scuola nel corso della doppia ondata di Coronavirus.
Ma la notizia più rilevante è che oltre la metà mal sopporta la didattica a distanza. Quasi lo stesso numero sta passando un periodo molto difficile e afferma che la sua esistenza è stata letteralmente stravolta.
Solo il 10% degli studenti sostiene che non sia cambiato granché nel suo approccio alla vita.
Anche se c’è qualcuno, specialmente tra gli universitari, che ritiene che questa ‘prova’ lo renderà più forte e capace di affrontare le difficoltà della vita.
Dal sondaggio risulta che meno della metà dei 3 mila studenti intervistati, in definitiva, si sta abituando alle lezioni da casa, con un 10% che addirittura ora preferisce questa modalità alla scuola in presenza.
Inoltre, il 55% aveva immaginato che le classi richiudessero molto presto (a dire il vero il 14% pensava che non riaprissero affatto), mentre il 28% temeva sì lo stop ma in inverno inoltrato; quasi nessuno (3%) avrebbe scommesso su un anno scolastico tutto in presenza.
Tra i giovani intervistati c’è chi rimpiange “l’intervallo tutti assieme”, chi “i ritmi di vita normali”, chi “i pomeriggi di studio con gli amici”, chi “gli scherzi e le litigate con i compagni”, chi persino “il tempo trascorso sui mezzi pubblici” e “l’ingresso dei prof in classe“. In fondo, i rapporti umani sono quelli che più di ogni altra cosa mancano: per il 19% la DaD ha deteriorato inesorabilmente i rapporti con il resto della classe, per il 53% li ha almeno raffreddati.
Sulla situazione sanitaria e del ritorno dei contagi da Covid, per il 20% le istituzioni avrebbero potuto fare di più fin dall’inizio, per un altro 50% le colpe vanno circoscritte alla seconda ondata.
Per questo in tantissimi appoggiano le proteste contro la DaD che stanno andando in scena in questi giorni: per l’11% sono sempre legittime, per spingere al ritorno in classe; per il 43% sono giustificabili solo in quei casi in cui non tutti gli studenti hanno le stesse opportunità per collegarsi online.
Una piccola crociata in cui i ragazzi delle superiori trovano l’appoggio dei colleghi più grandi. Anzi, lo spirito degli universitari è ancora più battagliero: 3 su 4 si sono sentiti trascurati dalle istituzioni.
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