E’ partita la giornata decisiva per le misure restrittive che il Governo sta pensando di inserire nel prossimo Dpcm, previsto già domani, 2 novembre.
Misure che intanto l’esecutivo vuole discutere anche con gli Enti locali, per capire quali strategie adottare a livello regionale, in quei territori maggiormente a rischio, e cosa invece prevedere a livello nazionale.
E’ in corso, infatti, in videoconferenza, la riunione dei ministri Roberto Speranza (Salute) e Francesco Boccia (Affari regionali), convocata da quest’ultimo con i rappresentanti di Regioni, Comuni (Anci) e Province (Upi), per discutere le nuove misure che vengono valutate dal governo per contrastare la seconda ondata dell’epidemia di coronavirus.
Il nuovo Dpcm dovrebbe essere varato nella giornata di lunedì 2 novembre, che prevede, fra le altre ipotesi, quella di fermare gli spostamenti tra regioni, fatti salvi motivi di lavoro, salute e urgenza.
Per la scuola si resta alla finestra anche in seguito alle ultime dichiarazioni di Conte: il presidente del Consiglio ha prima affermato nel corso della festa de Il Foglio: “La curva sta subendo una impennata così rapida che rischia di mettere in discussione la didattica in presenza – ha spiegato Conte -, alcuni presidenti di regione lo hanno fatto, non è il nostro obiettivo, noi continuiamo a difendere fino alla fine la didattica in presenza“.
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Poi in serata ha anche avanzato una proposta di mediazione, necessaria anche perchè la Ministra Azzolina resta convinta di non dover chiudere le scuole. La proposta di Giuseppe Conte sarebbe quella garantire le lezioni in classe fino alla seconda media, con didattica a distanza dalla terza media in su. Se così dovesse essere si terrebbero a casa, in questo caso, oltre mezzo milione di ragazzi, che si aggiungono ai 2 milioni e 600 mila delle superiori.
Al momento, quindi, permangono le misure del 24 ottobre e soprattuto quelle previste dalle Regioni.
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