CPIA e la Buona scuola

Dopo una sperimentazione più che decennale dei CTP (Centri Territoriali Permanenti per l’Educazione degli Adulti) e dei progetti specifici per l’EdA nei Corsi serali degli Istituti superiori, è oramai in dirittura d’arrivo sul territorio nazionale l’insediamento dell’Istituzione destinata a sostituirli, ovvero dei CPIA (Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti), Centri che dal mese di settembre 2014, fra non pochi problemi didattico-amministrativi, in alcune regioni hanno già visto la luce.

Malauguratamente il passaggio da “Educazione” a “Istruzione” non è solo “semantico” ma porta con se un arretramento di tutto il sistema di Educazione degli Adulti nella scuola pubblica, in controtendenza con il progetto per il rilancio della scuola italiana avanzato nel documento governativo sulla “Buona scuola” (in cui, per inciso, si sorvola su questo settore).

Ricordiamo che i CTP erano nati come risposta al bisogno di migliorare le competenze alfabetiche, informatiche, linguistiche, culturali e di cittadinanza della popolazione, per consentire al Cittadino un più proficuo inserimento nel mondo del lavoro e nella comunità. Ed in questi anni i CTP hanno raggiunto una grado di sviluppo che testimonia il loro successo formativo, vista la presenza nei loro corsi di circa 400.000 utenti all’anno, si sono radicati nei territori, diventando un punto di riferimento per l’EdA nelle comunità locali e hanno contribuito ad affrontare nuove emergenze, come quelle linguistiche e culturali legate all’accresciuta presenza di migranti nel nostro paese. Parimenti i Corsi serali degli Istituti superiori, nonostante i limiti loro imposti da normative non adeguate, utilizzando le sperimentazioni avviate negli anni ‘90, hanno prodotto modelli organizzativi e didattici innovativi, per meglio rispondere alle nuove e diversificate esigenze dell’utenza.

Si partiva quindi da una situazione ricca di esperienze e proposte che con favore attendeva un’operazione di riordino e promozione di quanto era già stato fatto.

La risposta è stata la creazione dei CPIA con i quali, come risulta evidente dalla lettura delle norme istitutive, tutto il sistema di Educazione degli Adulti nella scuola pubblica viene ridefinito e, purtroppo, svilito. Infatti:

– a fronte degli attuali campi di intervento dei CTP, i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti si limitano al conseguimento del titolo di licenza media e parzialmente all’apprendimento dell’Italiano L2, rivolgendosi solo agli utenti che non abbiano conseguito un titolo di studio e ai cittadini stranieri per i corsi base di lingua italiana.

Non è dunque contemplata l’iscrizione di chi sente il bisogno di rientrare in formazione a qualsiasi titolo. Si rinuncia a perseguire l’innalzamento delle competenze degli adulti e non si interviene più sui processi di riqualificazione e di professionalizzazione per il rientro nel mondo del lavoro e una partecipazione attiva alla comunità civica, né sui processi per una proficua integrazione dei migranti.

– I Centri vengono strutturati nominalmente in reti territoriali, con macro sedi centralizzate e “punti di erogazione”, senza nessun disegno organico di tali reti. Dal punto di vista dell’organizzazione si tengono ai margini gli Istituti superiori e, per i percorsi didattici, si prospetta un impianto rigido, di stretta derivazione dalla scuola tradizionale, in cui la flessibilità e la personalizzazione dei percorsi sono prospettate unicamente come riduzione oraria.

Si da vita, quindi, ad una rete per l’Istruzione degli Adulti di cui non fanno parte i Corsi serali degli Istituti superiori e senza un progetto didattico-organizzativo specifico per l’utenza di

riferimento. Con il confuso dimensionamento in corso, il taglio degli organici dovuto alla diminuzione dei compiti e al ridimensionamento del monte ore, la rigidità dei percorsi, riesce difficile immaginare come i nuovi Centri possano rispondere alle reali esigenze dell’utenza. 2

– Per i futuri CPIA i riferimenti riguardanti la didattica, le valutazioni e gli esami rimandano alla normativa scolastica in atto senza nessuna specificità per l’IdA. Non è prevista nessuna formazione per il personale, né tantomeno il riconoscimento di titoli professionali specifici per i docenti.

In definitiva si crea una nuova Istituzione scolastica che delle esperienze fatte sul campo in questi anni e del lavoro, sia teorico che pratico, svolto da centinaia di docenti, non tiene assolutamente conto. Una scuola che mostra così tutta l’insufficienza teorica dell’impianto, che continua ad essere modellato sulla scuola “del mattino” e sembra non conoscere l’utenza a cui dovrebbe rivolgersi, né per esigenze formative né per consistenza numerica.

E allora, chiediamo, dov’è nei provvedimenti che istituiscono i CPIA il legame, almeno ideale, con ciò che si può leggere nel documento governativo sulla “Buona scuola”?

Ad esempio quali sono le opportunità per i docenti e il riconoscimento delle loro capacità professionali? (punti 1 e 2 de “La buona scuola”)

Oppure che cosa rimane delle sperimentazioni (di CTP e Serali) che della valutazione del loro lavoro, della trasparenza delle azioni didattiche e del rapporto con l’utenza, dell’apertura al contesto territoriale di pertinenza, della burocrazia ridotta all’essenziale, hanno fatto, pur tra mille difficoltà, il loro modo di essere? (punto 3)

E che dire del fatto che CTP e Corsi serali sperimentali già da anni hanno lavorato sul terreno del ripensare ciò che si impara a scuola e di come lo si impara? (punto 4);

Inoltre va fatto notare che i CTP hanno fornito una risposta, per ampi settori della cittadinanza, alla richiesta di corsi per migliorare le competenze per il mondo del lavoro e hanno costruito interessanti rapporti con le realtà del territorio, sia con settori pubblici che privati, dal punto di vista formativo e dell’utilizzo delle risorse. (punti 5 e 6).

E qui viene da chiedere, a proposito di CPIA: che progettualità c’è in una norma che nell’istituire un nuovo ordine scolastico non l’accompagna con lo stanziamento di una pur minima risorsa, ma solo con la continua notazione: “senza oneri per la finanza pubblica”?

Per questo chiediamo alla “Buona scuola” che venga ripensata la legislazione in atto sui CPIA in favore di una norma chiara che consenta di:

• creare un sistema EdA coerente che saldi strettamente fra di loro i percorsi per il conseguimento dei titoli formali di scuola secondaria inferiore e superiore;

• offrire ai cittadini percorsi di formazione per l’acquisizione di competenze base per la cittadinanza attiva, per aggiornare le competenze per il mondo del lavoro, per favorire l’integrazione dei migranti presenti sul territorio italiano;

• garantire la diffusione di un sistema in rete efficiente su tutto il territorio nazionale che possa avere rapporti di collaborazione paritetici con gli altri enti formativi.

• adeguare la struttura organizzativa e didattica con percorsi basati sull’apprendimento per competenze e su metodologie didattiche EdA in termini di programmazione, insegnamento, valutazione, accertamento dei crediti;

• dotare i Centri di un organico funzionale con priorità per i docenti con titoli in campo EdA e qualificazione del personale che sceglie di lavorare nel settore.

Tutto questo perché quanto conti avere un sistema che favorisca la formazione o la riqualificazione dei cittadini, che attraverso percorsi flessibili promuova, riconosca e certifichi le competenze degli individui, lo ha drammaticamente dimostrato la crisi economica degli ultimi anni, nella quale il nostro paese sconta anche l’assenza di un sistema coerente di Educazione degli Adulti.

Sistema che si può realizzare guardando ad un modello che ha ben adoperato le pur scarse risorse disponibili, dato che i CTP, caso raro all’interno della scuola italiana, hanno garantito con un costo unitario estremamente contenuto (visto il rapporto docenti/studenti) una formazione qualificata e diversificata a tanti cittadini del nostro paese.

 

Pino Tomaselli (per il gruppo “EdAdomani”, gruppo di docenti dei CTP e dei Corsi serali del Lazio)

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