Le attività lavorative che concorrono a determinare tale tipologia di credito, da non confondere con quello scolastico, sono quelle svolte all’esterno della scuola di appartenenza e legate al mondo del volontariato, della solidarietà, della cooperazione e dello sport. Le certificazioni comprovanti l’attività lavorativa debbono indicare l’ente a cui sono stati versati i contributi assistenziali e previdenziali e possono essere prese in considerazione da parte dei consigli di classe (candidati interni) o delle commissioni d’esame (candidati esterni) se dall’esperienza lavorativa documentata sono derivate competenze coerenti con il tipo di corso cui si riferisce l’esame. La coerenza può essere individuata nell’omogeneità dei contenuti tematici del corso, nel loro approfondimento, ampliamento o concreta applicazione.
Il credito formativo così definito diventa parte del credito scolastico. Quest’ultimo infatti si riferisce all’andamento degli studi nell’ultimo triennio. Concorrono a formare il credito scolastico: il grado di preparazione complessiva raggiunta nell’anno in corso, l’assiduità della frequenza scolastica, la eventuale partecipazione all’area di progetto, l’interesse e l’impegno nella partecipazione al dialogo educativo, la partecipazione alle attività complementari e integrative ed infine gli eventuali crediti formativi.
Il provvedimento ha valore per il corrente anno scolastico, ma nulla dice per gli anni scolastici successivi.
La distinzione fra crediti scolastici e formativi era già presente nel DPR 323 del 23 luglio che vi aveva dedicato due distinti articoli: l’articolo 11 per i crediti scolastici e l’articolo 12 per quelli formativi.
Il provvedimento impone almeno due riflessioni. La prima: il sistema dei crediti si colloca all’interno del dibattito europeo sul lifelong learning. Il presupposto è che nella società post-industriale si apprende anche fuori dalla scuola. Tali apprendimenti debbono trovare una sede di verifica. La scuola pubblica e l’esame di Stato sono per eccellenza le sedi idonee per la validazione di tali saperi e la relativa certificazione. Con il Decreto 452 gli organi collegiali scolastici sono chiamati non a verificare il possesso reale di abilità maturate fuori dalla scuola, ma a validare, su dei documenti prodotti da strutture estranee al mondo della formazione, il valore di presunte conoscenze e/o abilità.
La seconda considerazione: dire che è credito formativo solo quello acquisito fuori dalla scuola crea sconcerto e disorientamento. Si apprende ovunque fuori e dentro la scuola, ma l’apprendimento intenzionale e quindi formativo avviene fondamentalmente dentro la scuola. La scuola non è solo luogo di trasmissione di conoscenze, ma è l’unica sede ove le conoscenze vengono strutturate, ricevono formalizzazione, sono finalizzate e quindi producono sapere, cultura, abilità, in una parola formano.