«Non state al guinzaglio! A chi vi tarpa le ali sappiate dir di no. Anche un padre, se necessario». È vulcanico il Professor Paolo Crepet, psichiatra e sociologo di chiara fama, durante la sua conferenza nello storico liceo classico statale “Terenzio Mamiani” della Capitale. È la mattina del 4 maggio. La bellissima Aula Magna è gremita, e varie classi sono collegate in streaming, perché in Aula Magna non c’è posto per tutti.
«Spegnete i cellulari, smettetela di esserne schiavi», esorta un po’ spazientito, «esercitatevi almeno un’ora al giorno a non guardarli! E non date retta a genitori che vi danno tutto e vi proteggono sempre. Dimostrano di non amarvi: amare un figlio è averne fiducia, sapere che può cavarsela senza protezioni».
Toni insoliti per i ragazzi, che ascoltano silenziosi. Nella Scuola italiana, già aziendalizzata e tesa alla soddisfazione degli “utenti” più che alla qualità dell’apprendimento (che da anni scivola verso l’intelligenza artificiale come panacea di tutti i mali didattici), le parole di Crepet suonano nuove e sorprendenti.
E il Professore continua: «Io stavo bene coi miei. Eppure sentivo l’esigenza d’andar lontano. Fui allievo di Franco Basaglia, un mio secondo padre. Visitai manicomi in tutto il mondo, orribili come lager, e m’impegnai per il loro superamento. Con Basaglia venni a Roma negli anni ‘70, e conobbi il sindaco Giulio Carlo Argan, poi il suo successore Luigi Petroselli, e il grande Renato Nicolini: uomini straordinari, decisamente non paragonabili ai personaggi del Comune di Roma di oggi. Fui fortunato? No, perché questa fortuna me la andai a cercare, mentre i miei coetanei s’accontentavano d’un lavoro tranquillo. Io seguii la mia passione, e nel seguirla conobbi molti “eretici”».
«L’eretico è una figura straordinaria. È — secondo l’etimo greco (che in un liceo classico dovreste conoscere) — uno che cerca. È persona scomoda; ma voi dovete cercare proprio le persone scomode, oggi più che mai. Lo dico per chi tra voi sta chattando col telefonino anche ora, dimostrandosi tossicodipendente malato grave, che non riesce a stare nemmeno un’ora senza telefonino!». E qui anche Crepet si dimostra “eretico” senza peli sulla lingua, in una società che appioppa gli smartphone ai bimbi di pochi mesi, e che pretende di sostituir la Scuola con la DaD: «Lo potete spegnere ‘sto diamine di telefonino, o no? Ce la fate? È il whatsapp di mamma? o del fidanzato, col cuoricino rosso che pulsa? Smettetela di ubbidire alle mode! Senza voglia di libertà, di trasgressione, di esser voi stessi, siete fregati! Lo capite o no?»
«La maggioranza di voi dovrebbe prender “zero” alla maturità; e invece», soggiunge Crepet rivolto ai docenti presenti, «il 99% dei maturandi è promosso: ma questa pornografica statistica dimostra il fallimento totale della Scuola! Chi ci rimette è quello bravo, mentre il cialtrone di turno lo promuoviamo: sopravvive, non ha ambizione, si accontenta dell’eredità del nonno, torna sballato alle 4 di notte, a quattro zampe. Ma questo lo chiamate “futuro”?
Un diciottenne in una scuola mi ha chiesto se l’ambizione è una patologia. Gli ho risposto: “Stasera fatti lo zainetto e scappa, perché ti stanno uccidendo. Hai genitori- killer”. Genitori che vi tolgono ambizione e desideri vi uccidono. Se un genitore vi dà tutto, vi sta castrando; e allora dovete scappare. Vi sta dicendo che non valete niente, e vi trattiene, protegge, soffoca. Compito dell’adulto, semmai, è insegnarvi a volare da soli, prendendovi le vostre responsabilità. Se l’uccellino non lascia il nido, quel nido si chiama gabbia.
«L’ambizione è importantissima: chi non l’ha, non vive. Fate ciò che desiderate, non ciò che è comodo! Tutto ciò che è comodo, è stupido. È stupida la facoltà universitaria più comoda, più facile, più vicina. Restare a casa per bere tutte le sere la stessa rassicurante minestrina riscaldata, è stupido. Avete forse studiato per stare a casa, per non aver progetti né visioni? Che frequentate a fare il liceo? Continuando così, vi toglieranno pure il liceo, sostituendolo con l’intelligenza artificiale. Non tradurrete più nulla dal greco, non farete più il tema su Pasolini, perché ve lo farà la macchina. Rimarrete seduti in poltrona davanti a uno schermo, ignoranti come talpe per fare un favore a Google, e non proverete più fatica, né desideri, né sogni, col cervello ucciso».
L’Aula Magna è silenziosa; i ragazzi muti e attenti. Qualcuno esce. Crepet incalza: «Il vicepresidente di Google, coautore dell’intelligenza artificiale, si è dimesso, definendola una tragedia assoluta. Persino Elon Musk ha detto che ci sono dei rischi. Rischiamo che in pochi anni la Scuola sia sostituita dal visore. Starete seduti e basta, in un mondo dove nessuno sa far altro.
Dir di no è il vostro dovere di figli nei confronti della vostra stessa esistenza. Ciò non toglie il rispetto verso i genitori, ma mantiene la vostra dignità, per voi e per le vostre scelte. L’amore dei genitori non deve contrastare i vostri sogni».
Parole, per l’appunto, “eretiche”: soprattutto nella Scuola italiana di oggi, allegramente avviata alla resa incondizionata al culto delle “competenze” favorito dalle “nuove tecnologie”, con l’entusiastico consenso di dirigenti, docenti, genitori, politici, sindacati maggiori, studenti.
Buona fortuna, ragazzi. Buon futuro, Italia.
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