A La Gazzetta di Modena lunga intervista a Paolo Crepet, psichiatra, scrittore e sociologo.
Ecco gli estratti più significati dell’intervista: “La nostra informazione, così come la politica, dovrebbero avere il coraggio di parlare non solo attraverso i social. Non credo che la realtà possa essere governata in questo modo. Eppure oggi, dal primo ministro al cittadino qualsiasi, tutti comunichiamo con i 140 caratteri di Twitter. Un processo che definirei inversamente proporzionale all’uso del pensiero. I conti li faremo più avanti”.
SCUOLA – “La scuola non deve avallare a nessun livello comportamenti di quel genere. Non è vero che i ragazzi di oggi sono più agitati. In gioventù ribellione e intemperanza ci sono sempre state. Non è cambiato il livello di insubordinazione dei giovani italiani, è cambiato il livello di tolleranza. Un capitolo del mio libro si intitola proprio Il coraggio di bocciare, perché credo sia indispensabile bocciare. Se la scuola “patteggia”, nel senso più deteriore del termine, è la fine. Far credere ai giovani che i loro errori non hanno conseguenze credo sia il metodo di gran lunga peggiore per educare le nuove generazioni. Il problema riguarda la formazione della classe dirigente. Ad esempio, la tendenza ad educare con strumenti digitali fin dalla più tenera età porterà a una grave perdita di autonomia e a una dipendenza dalle tecnologie. Non ci saranno più manualità, creatività, passione. Bisogna avere il coraggio di dire no e di affidarsi al buon senso. Serve il coraggio di fare l’impresa, lo stesso che ha permesso alla generazione del Dopoguerra di risollevare le proprie sorti creando aziende e cooperative”.
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