La saggezza popolare latina diceva: “Il pesce puzza dalla testa” per affermare che i primi
responsabili di un fallimento sono i capi che detengono il potere decisionale. Questo
proverbio, applicato al sistema scolastico, restituisce un’immagine desolante e sconosciuta.
Propongo quattro casi su cui riflettere.
Il Parlamento non conosce il significato di formazione.
La legge 107/2015, la cosiddetta Buona Scuola, elenca “gli obiettivi formativi ritenuti
prioritari” e descrive i comportamenti che gli studenti devono manifestare per dimostrare il
conseguimento del traguardo.
Più della metà delle indicazioni fornite è sbagliata come, ad esempio “Apertura
pomeridiana delle scuole e riduzione del numero di alunni e di studenti per classe o per
articolazioni di gruppi di classi, anche con potenziamento del tempo scolastico o
rimodulazione del monte orario”.
Il Parlamento non conosce il sistema di regole in cui la scuola è immersa.
La Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge sulle competenze non cognitive,
provvedimento attualmente all’esame da parte della 7 a commissione permanente del
Senato.
L’avvio di attività didattiche finalizzate allo sviluppo delle soft skills, è il suo oggetto. Si
tratta di una sovrapposizione alle norme esistenti. Si pensi al Collegio dei docenti che
“valuta periodicamente l’andamento complessivo dell’azione didattica per verificarne
l’efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi programmati”, obiettivi educativi
identici a quelli che il disegno di legge vuole introdurre.
Il Ministero dell’Istruzione e del Merito non conosce l’epistemologia.
La scheda di valutazione del colloquio di maturità prevede, tra gli aspetti da accertare, la
“capacità di utilizzare le conoscenze acquisite e di collegarle tra loro”: si tratta dello
sviluppo delle relazioni interdisciplinari previsto dall’ordinanza sugli esami. Tale
approfondimento contrasta con l’insegnamento di Jean Piaget, epistemologo e riconosciuto
padre del pensiero pedagogico, che affermava l’incommensurabilità delle conoscenze delle
diverse discipline.
I dirigenti scolastici non sanno amministrare le scuole.
La cultura sistemica è entrata nell’ordinamento scolastico nel 1974, sovvertendone
l’organizzazione. Il principio olistico, che afferma l’unitarietà della scuola, richiede il
coordinamento di tutte le risorse per il conseguimento del fine istituzionale: la promozione
di capacità e competenze. Di conseguenza il tradizionale primato delle singole materie
deve essere abbandonato lasciando spazio alle responsabilità collegiali. La lettura delle
convocazioni degli organi di governo della scuola e anche gli organigrammi visibili in rete
non lasciano dubbi interpretativi.
Per sanare la situazione ho scritto al presidente del Senato che ha affidato alla VII a
commissione istruzione l’esame e il seguito delle petizioni:
n° 799 – Revisione paragrafo 7 della legge 107/15;
n° 854 – Piena applicazione del decreto legislativo 297/94;
n° 887 – Piena applicazione del DPR 275/99;
n° 903 Modifica dei criteri di redazione dei tabelloni scolastici riportanti gli esiti di
fine anno.
Enrico Maranzana